L’istanza di sospensione impedisce la formazione del giudicato

Di Alfio CISSELLO

La circolare n. 6 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce vari aspetti della definizione delle liti pendenti, anche in merito alla quantificazione delle somme da versare.

Per ogni controversia autonoma va presentata una distinta domanda, e per controversia si intende il ricorso contro il singolo atto, a nulla rilevando la riunione dei giudizi, o il ricorso cumulativo.
Relativamente ai benefici della definizione, riepilogando:
– se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in primo grado, si paga il 40% delle imposte, con stralcio di sanzioni e interessi;
– se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in secondo grado (a prescindere dal fatto che in primo grado abbia vinto o perso), si paga il 15% delle imposte con stralcio di sanzioni e interessi;
– se c’è stata soccombenza del contribuente, occorre pagare tutte le imposte (il beneficio consiste nel solo stralcio di sanzioni e interessi);
– se il processo è iscritto nel primo grado di giudizio (secondo le Entrate) al 24 ottobre 2018, si paga il 90% delle imposte;
– se al 24 ottobre 2018, il processo pendeva in sede di rinvio oppure erano pendenti i termini per la riassunzione, si paga il 90% delle imposte (la circolare n. 6 specifica che ciò opera anche per la sentenza di rimessione in primo grado ad opera della Regionale).
Se il contribuente è stato vincitore in tutti i gradi di merito e, al 19 dicembre 2018, il processo pende in Cassazione, si ha lo stralcio del 95% delle imposte.

Nella circolare, in aderenza a quanto era stato affermato per la definizione ex DL 40/2010 delle liti ultradecennali in Cassazione, si sostiene che a tal fine occorre una soccombenza integrale dell’Erario. Se, quindi, c’è stato un annullamento parziale dell’atto in entrambi i gradi di giudizio, si deve avere riguardo alla sentenza della Regionale.
Non entrano a far parte della lite le porzioni di atto interessate da autotutela o da giudicato interno.
Per le Entrate, l’istanza di sospensione del processo non obbliga affatto il contribuente a definire.

Inoltre, e questo è un aspetto importante, se presentata prima della domanda di definizione e prima del deposito della sentenza della Cassazione, l’istanza di sospensione in sostanza impedisce la formazione del giudicato, dunque la lite sarà definibile nonostante dopo l’istanza di sospensione sia depositata una sentenza di cassazione senza rinvio, che sarebbe inutiliter data. Si guarda in tal caso alla sentenza della Regionale, salvo la specifica ipotesi del comma 2-ter.

Si badi bene: secondo le Entrate, se c’è stata istanza di sospensione, la sentenza sarebbe inutiliter data anche se fosse una cassazione senza rinvio a favore del contribuente, affermazione sulla quale sarebbero necessarie ulteriori ponderazioni. Quid iuris se il contribuente non definisce la lite? Che rimedi avrebbero le parti, forse la revocazione?

Molto interessanti sono i chiarimenti sugli intrecci tra definizione delle liti e rottamazione dei ruoli.
Si conferma che, i contribuenti con rate da rottamazione scadute a luglio, settembre, ottobre 2018 dovevano, per fruire della definizione della lite, eseguire l’intero pagamento entro lo scorso 7 dicembre 2018 (la sopravvenuta non perentorietà del termine vale solo ai fini della rottamazione dei ruoli).

Tuttavia, siccome i benefici della definizione delle liti possono essere ben più consistenti rispetto alla rottamazione dei ruoli (che prevede il solo stralcio di sanzioni e interessi di mora), si prevede che “le residue somme da versare per la definizione agevolata del carico non saranno più dovute, restando assorbite dagli importi dovuti nell’ambito della definizione delle liti, con sostanziale rinuncia alla definizione agevolata dei carichi”.