La relativa clausola dovrebbe prevedere la misura dell’indennità o quantomeno i parametri per determinarne l’importo

Di Pamela ALBERTI e Alessandro COTTO

Con l’avvicinarsi del periodo delle assemblee, il tema dei compensi agli amministratori richiede sempre una certa cautela, anche alla luce dell’attenzione riservata dalle Entrate a tale tipologia di costo in sede di accertamento. Con particolare riferimento all’indennità di fine mandato degli amministratori (TFM) e alla deducibilità del relativo accantonamento, occorre segnalare la recente Cassazione n. 26431/2018, nonché la consulenza giuridica della DRE Piemonte (n. 901-4/2018), entrambe riferite al requisito della “data certa” nel caso in cui il TFM sia previsto dallo statuto.

Per la Cassazione, perché possa essere invocata la deducibilità degli accantonamenti in base al principio di competenza ex art. 105 comma 4 del TUIR, ai fini della sussistenza dell’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, non è sufficiente una generica determinazione di attribuzione del TFM a ciascuno degli amministratori in sede di nomina dei membri del consiglio di amministrazione, senza specificazione del relativo importo, ma occorre che “l’importo sia determinato prima dell’inizio del rapporto con atto di data certa”.

La posizione assunta dalla Suprema Corte si inserisce nel consolidato filone giurisprudenziale diretto ad escludere la deducibilità per competenza degli accantonamenti al trattamento di fine mandato in assenza di atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto (ex multis, Cass. n. 26431/2018 e Cass. 19368/2018).

Si tratta di orientamento condiviso dall’Agenzia, secondo la quale, per effetto del richiamo operato dall’art. 105 comma 4 all’art. 17 del TUIR, la deducibilità degli accantonamenti per indennità di fine mandato degli amministratori è subordinata alla circostanza che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto (cfr. ris. Agenzia Entrate nn. 211/2008 e 124/2017). Qualora detta condizione non si verifichi, l’accantonamento è indeducibile; in tale ultima ipotesi, l’onere sostenuto dalla società sarebbe deducibile all’atto dell’erogazione dell’indennità stessa.

In senso contrario si è espressa la norma di comportamento AIDC n. 180/2011, secondo la quale la deducibilità dell’indennità avviene per competenza a prescindere dalla data certa (cfr. anche C.T. Prov. Brescia n. 90/1/12), anche se appare improbabile un passo indietro da parte dell’Agenzia e della Cassazione.

In merito al soddisfacimento del requisito della data certa, la citata norma di comportamento n. 180/2011 (nota 4) ha affermato che “qualora la corresponsione del trattamento di fine rapporto sia prevista dallo statuto non è richiesto un ulteriore atto avente data certa”. In tal senso si è anche espressa Assonime (approfondimento 11/2011).

Dal momento che la Cassazione richiede che l’importo sia determinato, ai fini della deducibilità dovrebbe essere rispettato anche il requisito della certezza.
In linea generale, gli accantonamenti hanno una connotazione previsionale o probabilistica in quanto riferiti ad eventi che non sono determinabili a priori; pertanto il requisito della certezza potrebbe apparire ultroneo e immotivato.

Viene tuttavia fatto rilevare come il legislatore fiscale abbia inquadrato tra gli accantonamenti fiscalmente deducibili anche quelli “impropri”, vale a dire quelli che nascono da un debito ben preciso, come il TFR del dipendente.
In tale prospettiva, non sembra infondato che la Cassazione richieda, con data certa, la determinazione sia dell’an che del quantum del trattamento di fine mandato. Ci si chiede quindi come tale principio sia compatibile con la possibilità di riconoscere la deducibilità degli accantonamenti al TFM previsti direttamente dallo statuto.

Il tema è stato affrontato dalla DRE del Piemonte la quale ha rilevato come “la deducibilità delle quote accantonate a TFM nell’anno di costituzione sia ammissibile qualora la quantificazione avvenga mediate atto di data certa contestualmente alla nomina dell’amministratore o, al più tardi, entro il 31/12 dell’esercizio di costituzione della società; per i successivi esercizi, la deducibilità sarà condizionata alla predisposizione di atto di data certa anteriore all’inizio di ciascun periodo interessato, al fine di scongiurarne la rimodulazione in funzione dei risultati reddituali dell’impresa con effetti sulla base imponibile”.

Alla luce di questi ultimi interventi, una generica previsione statutaria che stabilisca il diritto al TFM non pare sufficiente a consentire la deduzione dell’accantonamento.
Laddove invece la relativa clausola contenesse anche la misura dell’indennità o, più plausibilmente, individuasse parametri di natura oggettiva che consentano di determinare l’importo in questione, senza possibilità di introdurre arbitraggi fiscali, non sembra che la sentenza della Cassazione e la consulenza giuridica sopra richiamate possano far venire meno la deducibilità degli accantonamenti in quanto verrebbe rispettato il requisito della certezza ed evitato che l’importo del TFM venga rimodulato in funzione dei risultati dell’impresa.