Vantaggio indebito se l’operazione realizza un incremento patrimoniale della società-veicolo, ma non immette nuove risorse finanziarie
Nelle operazioni di merger leveraged buy out (MLBO) accade di frequente che alcuni soci della società target ceduta reinvestano nella società veicolo acquirente una parte della liquidità riveniente dalla cessione della partecipazione.
Si è posto il dubbio circa l’eventuale spettanza dell’agevolazione ACE in capo alla medesima società veicolo per effetto dei conferimenti di denaro dei soci reinvestitori. L’operazione, la cui articolazione specifica può ovviamente variare, risponde comunque a linee generali che possono essere così sintetizzate.
Una società veicolo residente in Italia viene costituita da una società holding europea (es: lussemburghese) allo scopo di acquisire una società target italiana destinata poi a integrarsi, mediante fusione, con la medesima società veicolo holding italiana. Solitamente al livello più alto della catena partecipativa c’è un fondo di private equity che controlla la holding estera e che costituisce l’investitore ultimo.
Nella fattispecie qui di interesse, alcuni soci cedenti la partecipazione nella società target fanno il loro reingresso nella società acquirente conferendo somme di denaro derivanti dalla cessione della partecipazione. Generalmente si tratta di soci cedenti la partecipazione nella target che acquisiscono una minoranza delle partecipazioni nella società veicolo.
Il dubbio riguarda la “legittimità” della base ACE che si genera in capo alla società veicolo per effetto degli incrementi di capitale conseguenti ai conferimenti in denaro degli ex soci cedenti (soci reinvestitori).
In linea generale, si può dire che, considerando l’operazione complessiva e volendo verificarne la legittimità dal punto di vista della normativa antiabuso di cui all’art. 10-bis della L. n. 212/2000, non risulta tradita la ratio dell’agevolazione in quanto si procede alla capitalizzazione di una società (holding italiana) e, quindi, non si aggira la finalità dell’ACE. Peraltro, anche dal punto di vista della sostanza economica, la costituzione di una holding italiana è operazione di frequente utilizzata per l’acquisizione di società target nel territorio italiano; quindi, dal punto di vista dello strumento giuridico utilizzato, si è in presenza di uno strumento “tradizionale” che rientra nelle ordinarie logiche del mercato. E volendo motivare l’operazione anche dal punto di vista extrafiscale, normalmente la permanenza nella compagine societaria di alcuni ex soci cedenti, seppure con quote di minoranza, è finalizzata a garantire la stabilità aziendale e la continuità dei processi di crescita; a prescindere da ulteriori motivazioni che possono assumersi caso per caso.
Tutto ciò considerato dal punto di vista dell’operazione complessiva, per quanto riguarda nello specifico la parte di agevolazione eventualmente derivante dai conferimenti provenienti dai soci reinvestitori, l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate è quello di considerare l’incremento di capitale che ne deriva in capo alla società veicolo come creazione artificiosa di base ACE. In tal senso si esprime il principio di diritto n. 1/2019 laddove si dice che “nonostante l’operazione di re-investimento realizzi un incremento patrimoniale della società-veicolo in termini di patrimonio netto, la stessa non determina l’immissione di nuove risorse finanziarie, violando in tal modo la ratio ispiratrice della disciplina dell’ACE”. Si tratta, quindi, di un vantaggio indebito in quanto vi è stato un movimento circolare di denaro che tradisce la ratio dell’agevolazione.
L’Agenzia, una volta affermato l’indebito vantaggio fiscale, passa a esaminare la sostanza economica dell’operazione negandone l’esistenza. Si tratta, infatti, di una operazione in cui il flusso di denaro relativo al reinvestimento è circolare: dalla società veicolo al socio reinvestitore e da quest’ultimo alla società veicolo. La soluzione alternativa, più lineare – che l’Agenzia delle Entrate deve individuare quando ritiene di negare la sostanza economica di una operazione – sarebbe stata quella di compensare il credito commerciale del socio derivante dalla vendita delle partecipazioni nella target fino a concorrenza dell’ammontare da reinvestire nella società veicolo. In tal caso, non si sarebbe realizzato alcun apporto in denaro agevolabile.
In altre parole, l’orientamento dell’Agenzia – confermato anche in alcune risposte a interpelli – è che i soci reinvestitori avrebbero potuto rientrare nella compagine sociale della società veicolo senza tuttavia reimmettere in circolazione l’importo di denaro che dà origine alla base ACE artificiosa. Secondo questa impostazione, l’operazione più lineare dovrebbe invece essere quella di compensare il credito relativo alla compravendita della partecipazione con il debito derivante dalla sottoscrizione del capitale sociale della società veicolo ed essendo il credito di natura commerciale e non finanziario lo stesso non risulta “sfruttabile” agli effetti dell’agevolazione. Alcuni spunti in tal senso sono desumibili anche dalla risposta n. 58/2019.
In conclusione, fermo restando l’essenzialità del conseguimento del vantaggio fiscale, in assenza di valide ragioni extrafiscali che l’Agenzia confermi come tali, l’operazione prospettata è considerata elusiva.