Tutti coloro che concorrono a formare le decisioni gestorie delle srl dovrebbero farlo nel rispetto del nuovo art. 2086 comma 2 c.c.

Di Maurizio MEOLI

L’imprenditore che opera in forma societaria o collettiva – ai sensi del comma 2 dell’art. 2086 c.c. (ri-rubricato “Gestione dell’impresa”) inserito dall’art. 375 comma 2 del DLgs. 14/2019 – ha il dovere di:
– istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale;
– attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Con particolare riguardo alle srl, poi, l’art. 377 comma 4 del DLgs. 14/2019 sostituisce il comma 1 dell’art. 2475 c.c. con il seguente: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479”.

In tale ambito societario, la nuova disciplina, che sarà in vigore dal prossimo 16 marzo, sembra entrare in contrasto con diverse disposizioni dedicate alla srl che non sono state modificate, ovvero:
– con l’art. 2479 comma 1 c.c., che prevede la possibilità per i soci di decidere sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione;
– con l’art. 2468 comma 3 c.c., che riconosce la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione ai singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società;
– con l’art. 2476 comma 7 c.c., il quale prevede una responsabilità solidale dei soci con gli amministratori quando essi abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

Qualora la gestione della società spettasse esclusivamente agli amministratori, non vi sarebbe alcuna possibilità né di delegare ai soci specifiche scelte che spettano solo agli amministratori, né, tanto meno, di coinvolgere i soci in una responsabilità solidale con l’organo gestorio.

Dal momento che non si reputa possibile che il legislatore della riforma della Crisi d’impresa abbia voluto disporre solo tacitamente una svolta così radicale, né che lo stesso abbia potuto “dimenticare” tali previsioni che connotano la srl, si è proposto di comporre la questione come segue: le norme attuali resterebbero in vigore e operative, mentre tutti coloro i quali concorrano a formare le decisioni gestorie della srl dovrebbero farlo nel rispetto del nuovo art. 2086 comma 2 c.c. ovvero con l’obbligo di prestare la loro opera al fine di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

È stata, peraltro, proposta un’ulteriore lettura secondo la quale, in esito alle indicate novità normative, la nozione di “gestione” della società, che ad oggi tende ad essere “confusa” con quella di “amministrazione” della stessa, acquisirebbe una portata autonoma. Mentre la “gestione” atterrebbe all’assunzione dell’assetto imposto dall’art. 2086 c.c., l’“amministrazione” riguarderebbe il compimento delle operazioni (e degli atti negoziali) necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.

Utilizzando questa chiave di lettura, quindi, l’incipit del nuovo art. 2475 comma 1 c.c. dovrebbe essere letto scindendo il relativo precetto in due frammenti e collocando l’avverbio “esclusivamente” soltanto nel primo di essi. Si ritiene, cioè, che il primo frammento normativo attribuirebbe agli amministratori la responsabilità esclusiva della sola “gestione” sociale (nella nozione dell’art. 2086 c.c. ), mentre il secondo ribadirebbe che l’amministrazione della società spetta agli stessi amministratori, ma secondo le regole proprie del tipo (e, dunque, in via esclusiva solo se così preteso da tali regole).

Questa soluzione interpretativa sembra assicurare, con maggiore sicurezza, la salvezza delle norme della srl che ammettono l’attribuzione di diritti amministrativi in capo a singoli soci o all’assemblea, divenendo tale attribuzione preclusa unicamente con riguardo ai poteri di gestione.