La precisazione della Cassazione non sembra poter rilevare quale principio

Di Maurizio MEOLI

L’art. 149 del DLgs. 58/1998 (c.d. TUF) prevede, in capo ai sindaci di società quotate, lo svolgimento di adeguati controlli sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, includendo, con ciò, una generale attività di sorveglianza sull’amministrazione della società, “anche sotto il profilo contabile”. È questo il discutibile principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 4723, depositata ieri.

Ai sensi dell’art. 149 comma 1 del DLgs. 58/1998, il collegio sindacale di società quotate “vigila: a) sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo; b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; c) sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione; c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi; d) sull’adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell’articolo 114, comma 2”.
Tutto ciò nel contesto di società necessariamente dotate di un revisore legale esterno.

Di conseguenza, se appare corretta la sottolineatura relativa al fatto che incombe sul sindaco l’onere di provvedere ad una accurata verifica della gestione, e se, probabilmente, anche alla luce delle peculiarità del caso specifico, connotato da una sistematica confusione di patrimoni da parte dell’amministratore di una SIM, tale verifica potrebbe spingersi fino ad un controllo sull’operatività del conto di negoziazione dell’amministratore stesso, non appare certo possibile richiedere ai componenti del Collegio sindacale, in via generale, un’attività di controllo anche in relazione ai profili contabili.

Al di là di ciò, poi, la Suprema Corte conferma come la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società non possa comportare l’esclusione o il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo di ogni componente del controllo sindacale. Il quale, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, è sanzionabile a titolo di concorso omissivo, gravando su di esso, da un lato, l’obbligo di vigilanza, e, dall’altro, l’obbligo legale di denuncia immediata alla CONSOB (cfr. Cass. SS.UU. n. 20934/2009).

La sentenza in commento ricorda, inoltre, come, in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la responsabilità dei sindaci sussista anche con riguardo ad operazioni con parti correlate o in situazioni di potenziale conflitto di interessi degli amministratori, realizzate al di fuori dell’oggetto sociale, essendo insufficiente, in tal caso, il controllo del comitato interno, volto, viceversa, alla verifica del contenuto economico dell’operazione.

Tale violazione, in particolare, risulta pienamente integrata quando risulti l’omesso o l’inadeguato esercizio dell’attività di controllo da parte dei sindaci delle società quotate, non essendo il danno un elemento costitutivo dell’illecito, quanto invece mero parametro per la determinazione della sanzione; la responsabilità dei sindaci sussiste, dunque, indipendentemente dall’esito delle singole operazioni ed anche a fronte di insufficienti informazioni da parte degli amministratori, potendo gli stessi avvalersi della vasta gamma di strumenti informativi ed istruttori prevista dal DLgs. 58/1998 (cfr. Cass. n. 5357/2018).

Norma che, come precisato dalla Cassazione n. 12110/2018, pone a carico del collegio sindacale l’obbligo di effettuare senza indugio una comunicazione alla CONSOB, ai sensi dell’art. 149 comma 3 del DLgs. 58/1998, con riguardo tutte le irregolarità che si riscontrino nell’esercizio dell’attività di vigilanza. La legge – precisa, infatti, quest’ultima sentenza – non demanda ai sindaci alcuna funzione di filtro preventivo sulla rilevanza delle irregolarità da loro riscontrate, al fine di selezionare quali debbano essere comunicate alla CONSOB e quali non debbano formare oggetto di tale comunicazione.

L’assolutezza del comando normativo emerge, oltre che dalla lettera della norma, in cui il sostantivo “irregolarità” non è accompagnato da alcun aggettivo qualificativo, anche dall’evidente ratio legis di evitare che i collegi sindacali debbano misurarsi con parametri di rilevanza/gravità delle irregolarità da segnalare alla CONSOB, la cui concreta applicazione dipenderebbe da valutazioni inevitabilmente opinabili, così da risultare foriera di gravi incertezze operative, rischiandosi di pregiudicare proprio lo scopo della disposizione in esame, evidentemente volta a garantire alla CONSOB una completa e tempestiva informazione sull’andamento delle società sottoposte alla sua vigilanza.