L’accordo non ha carattere liquidatorio e l’effetto vincolante si estende anche a categorie diverse dai creditori bancari e finanziari
Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (DLgs. di attuazione della L. 155/17) contempla, tra gli strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione, la disciplina degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa ex art. 61.
La fattispecie è oggi regolamentata, insieme alla convenzione di moratoria, dall’art. 182-septies del RD 267/42 (introdotto per effetto del DL 83/2015) e risponde all’esigenza di “potenziare” la via stragiudiziale di risoluzione della crisi, evitando che l’ostruzionismo di alcuni creditori finanziari, che vantino crediti di modesta entità, comprometta gli accordi tra il debitore e la maggioranza dei creditori.
L’elemento di novità che emerge rispetto alla vigente disciplina è rappresentato dalla scelta, compiuta dal legislatore, di separare gli accordi di ristrutturazione (art. 61) dalla convenzione di moratoria (art. 62), pur rispondendo entrambi gli istituti ad una finalità sostanzialmente comune.
L’art. 61 regola gli accordi “ad efficacia estesa” e stabilisce che la disciplina degli accordi di ristrutturazione si applica, in deroga ai principi civilistici, anche ai creditori non aderenti, purché appartenenti alla medesima categoria. La deroga riguarda sia l’art. 1372 c.c., a norma del quale il contratto produce effetti solo tra le parti e non nei confronti di terzi, sia l’art. 1411 c.c., a norma del quale la stipulazione a favore del terzo produce effetti solo se questo dichiara di volerne profittare.
La formulazione dell’art. 61 ricorda l’art. 182-septies del RD 267/42, pur differenziandosene per contenuto. La differenza si coglie, anzitutto, sotto un profilo soggettivo: la nuova disciplina si contraddistingue per un ampliamento del campo di applicazione (in ossequio all’art. 5 comma 1 lett. a) della legge delega n. 155/2017), coinvolgendo anche soggetti diversi dai creditori bancari e finanziari.
Sotto un profilo oggettivo, invece, la nuova disciplina si caratterizza in quanto, ai fini dell’efficacia estensiva, l’accordo deve avere carattere “non liquidatorio”: è, dunque, necessaria la prosecuzione dell’attività, in via diretta o indiretta, e la soddisfazione dei creditori, in misura significativa o prevalente, con il ricavato della continuità aziendale (comma 2 lett. b dell’art. 61).
Al pari della disciplina vigente, invece, al comma 2 lett. c dell’art. 61, resta confermata la soglia di adesione del 75% dei creditori appartenenti alla medesima categoria e la soglia complessiva di adesione del 60% dei creditori (art. 57 del DLgs.), peraltro riducibile al 30% se ricorrono le condizioni individuate dall’art. 60 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
È previsto, altresì, che i creditori non aderenti alla medesima categoria, nei cui confronti vengono estesi gli effetti dell’accordo, debbano essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto riceverebbero in ragione della procedura di liquidazione giudiziale (e non, invece, genericamente “alle alternative concretamente praticabili” come previsto all’art. 182-septies co. 4 lett. c del RD 267/42).
Al comma 3 dell’art. 61 del decreto, il termine per la proposizione dell’opposizione ex art. 48 comma 4 da parte dei creditori della medesima categoria non aderenti, nei cui confronti il debitore abbia richiesto l’estensione degli effetti dell’accordo, è previsto in 30 giorni, che decorrono dalla data della comunicazione (ossia, dalla notifica di cui alla lett. e del comma 2 dell’art. 61 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).
Ai creditori ai quali viene esteso l’accordo, inoltre, stando al comma 4, non potranno essere imposte “nuove prestazioni” (ma non si considerano tali i contratti di locazione finanziaria già stipulati), né la concessione di affidamenti, o la possibilità di utilizzare quelli esistenti, ovvero l’erogazione di nuovi finanziamenti.
Al comma 5 dell’art. 61 del DLgs., infine, viene ribadita la persistenza degli accordi ad efficacia estesa nei confronti di banche e intermediari finanziari (unica ipotesi in cui trova applicazione l’art. 182-septies del RD 267/42), a condizioni identiche a quanto già previsto nella disciplina vigente. In caso di debiti verso le banche e intermediari finanziari, in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo, l’accordo può individuare una o più categorie tra questi creditori, che abbiano fra loro una posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso, l’accordo sarà valido anche se non presenti il carattere della liquidità.