Ammissibile anche la variazione in diminuzione purché non si tratti di operazioni inesistenti
Gli errori che possono essere commessi rispetto a fatture transitate per il Sistema di Interscambio (SdI) devono essere gestiti in maniera diversificata a seconda della situazione che si viene a creare. La possibilità di effettuare una variazione soltanto “interna” è, infatti, riconosciuta nei soli casi in cui il SdI, entro 5 giorni dal momento di emissione della fattura, proceda allo scarto della stessa; in questo caso, conformemente ai chiarimenti della circolare n. 13/2018, il cedente/prestatore potrà, peraltro, procedere a ritrasmettere il documento al SdI entro 5 giorni dalla notifica di scarto.
Se, invece, la fattura elettronica è stata accettata dal SdI e il cedente/prestatore si avvede di errori nel contenuto del documento emesso, la variazione dovrà essere operata, sempre in formato elettronico (provv. Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, punto 6), nel rispetto delle condizioni individuate dall’art. 26 del DPR 633/72, il quale richiede che venga operata la variazione in aumento se, successivamente all’emissione della fattura, sia mutato l’ammontare imponibile dell’operazione, o sia modificata la relativa imposta.
Relativamente alle variazioni in diminuzione, si ricorda che le stesse sono, comunque, facoltative per il soggetto passivo, e devono essere effettuate entro un anno dall’operazione originaria, qualora derivino, ad esempio, da accordi sopravvenuti tra le parti, o da errori di fatturazione che abbiano comportato l’assoggettamento dell’operazione ad una maggiore imposta.
Considerando, però, che il predetto termine annuale è richiamato esplicitamente ai fini del recupero dell’imposta originariamente fatturata, da ciò dovrebbe conseguire che non sia necessario il rispetto dell’anno, ad esempio, nel caso in cui la modifica attenga a dati che non incidono sulla determinazione del tributo, ovvero per fatture emesse relativamente ad operazioni esenti.
Dal punto di vista documentale, la prassi ha chiarito che le rettifiche delle operazioni assoggettate ad IVA possono essere operate attraverso l’emissione di un documento integrativo che attesti l’importo della variazione dell’imponibile e della relativa imposta, con indicazione, naturalmente, delle generalità dei soggetti coinvolti, della qualità e quantità del bene ceduto o del servizio reso (ris. Agenzia delle Entrate n. 45/2005); ad esempio, se, in ragione di una variazione nella determinazione del corrispettivo, l’imponibile incrementa da 800 euro a 1.000 euro, nel documento che attesta la variazione in aumento ci si limiterà ad indicare il maggiore ammontare imponibile (200 euro), senza, invece, provvedere allo storno dell’operazione originaria con una nota di variazione in diminuzione (non ricorrendo i presupposti dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72), e alla successiva emissione della fattura per l’intero importo dell’operazione, comprensivo della rettifica in aumento (con il rischio di una sanzione per tardiva fatturazione applicata all’intero importo).
In termini operativi, considerando il caso in cui la variazione in aumento venga realizzata nei termini per effettuare la liquidazione dell’imposta, non essendo applicabili sanzioni per tardiva fatturazione nel primo semestre 2019 (art. 10 del DL 119/2018), non dovrà essere neppure essere preso in considerazione l’istituto del ravvedimento operoso.
Ritornando, quindi, alle variazioni in diminuzione, si precisa che (tra gli altri) la rettifica è consentita entro l’anno per inesattezze della fatturazione, qualora gli errori abbiano dato luogo all’applicazione dell’art. 21 comma 7 del DPR 633/72, vale a dire nell’ipotesi in cui il cedente o prestatore abbia indicato nella fattura “i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale”.
In caso, invece, di operazioni inesistenti (anch’esse disciplinate dal citato art. 21 comma 7), è esclusa a priori la possibilità di operare una variazione in diminuzione (Cass. n. 2823/2008), come da tempo è stato chiarito anche dall’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 3/74), secondo cui la nota di variazione è ammessa solo in caso di “errori materiali commessi in sede di fatturazione”, dovendosi ritenere esclusa nel caso di fatture per operazioni inesistenti.
Considerando, quindi, che non sono infrequenti i casi in cui gli accordi commerciali non consentano la corretta determinazione della base imponibile e dell’imposta, inducendo pertanto a fatturazioni inesatte, al fine di non vedersi contestato il diritto ad una successiva variazione in diminuzione a fronte di errori commessi, è opportuno per il cedente/prestatore comprovare che la fattura emessa è rilasciata a fronte di un’operazione sottostante, concordata con la controparte, anche se non ancora materialmente eseguita; il predetto cedente/prestatore dovrà, pertanto, porre in essere – all’atto di emissione della fattura – tutti gli accorgimenti che consentano di non vedersi qualificata l’operazione originaria come “inesistente”, con conseguente preclusione ad una successiva variazione in diminuzione.
In merito, si pone in evidenza che il tracciato per la fattura elettronica, ad esempio, consente di indicare nel campo “TipoDocumento” che la e-fattura è stata emessa a fronte della corresponsione di un acconto. Tale indicazione nel formato XML sarà di sicuro ausilio nel dare evidenza del fatto che il documento non è stato emesso semplicemente in forma anticipata, ma che ad esso è sottesa un’operazione programmata di vendita o di prestazione di servizio.