Un sondaggio del CNDCEC certifica anche le difficoltà di questo primo mese. Miani: «Moratoria fino al 16 marzo per le operazioni di gennaio»
Per l’avvio della fatturazione elettronica obbligatoria gli studi dei commercialisti hanno speso, in media, oltre 3 mila euro e prevedono di spenderne più o meno altrettanti nel corso del 2019, recuperandone solo una parte dalla clientela. È quanto viene fuori da un sondaggio realizzato dal CNDCEC che, attraverso un questionario inviato a oltre 350 esperti di categoria, ha provato a tracciare un quadro delle principali criticità legate al nuovo adempimento, ad un mese esatto dalla sua introduzione.
Nel dettaglio, per circa un commercialista su quattro l’investimento iniziale per adeguarsi alla e-fattura è stato inferiore ai mille euro, il 23,7%, invece, ha sostenuto spese comprese tra i mille e i 2 mila euro. Ma c’è anche chi ha speso molto di più: il 17,4% ha dichiarato di aver speso tra i 2 e i 3 mila euro, il 18% tra i 3 e i 5 mila, mentre un 12% abbondante ha superato questa soglia, attestandosi tra i 5 e i 10 mila euro.
Costi significativi, nella maggior parte dei casi sostenuti per acquisire nuovi software più o meno integrati con il gestionale già presente in studio. Alla spesa, però, almeno per il momento non sembra essere seguito un elevato grado di soddisfazione nell’utilizzo dei nuovi sistemi informatici. Oltre il 50% dei rispondenti al sondaggio dichiara che la piattaforma utilizzata per la fatturazione elettronica risponde solo in parte alle proprie esigenze, mentre solo il 36,8% si ritiene pienamente soddisfatto.
Peraltro, sembrerebbe funzionare poco anche il servizio di assistenza. Alla domanda con cui si chiedeva se l’assistenza della propria software house fosse tempestiva e rispondente alle necessità, il 47,6% ha dichiarato che lo è solo in parte, per il 22,8% è stata poco soddisfacente, per l’8,6% non lo è stato per nulla.
Tra i problemi principali i rallentamenti nella fase di invio delle fatture elettroniche, che il 28,2% ha riscontrato spesso e il 12,5% continuativamente, mentre per il 31,1% dei rispondenti si sono verificati solo sporadicamente. Sembra andar meglio invece per ciò che riguarda la ricezione delle ricevute di consegna da parte del sistema di interscambio. Nel 63,8% dei casi, le ricevute sono arrivate nei tempi previsti, mentre poco più del 20% le ha viste arrivare in ritardo.
Tornando alle spese, il questionario chiedeva di indicare anche una stima dei maggiori costi da sostenere in tutto il 2019. Il 17,7% ha dichiarato che spenderà meno di mille euro, il 22,2% tra mille e 2 mila, il 20,8% tra due e tremila euro e l’11,1% tra 5 e 10 mila. Ma c’è anche chi ritiene (11,1%) che, una volta a regime, avrà un risparmio di costi, magari grazie ad una migliore organizzazione dello studio o aumentando la propria parcella.
Il 12,3% dei rispondenti è convinto che potrà rientrare di tutti i costi con un margine di utile del 25% rispetto a quanto investito. Ma la maggioranza crede che riuscirà a recuperare solo una parte delle spese sostenute: il 18,8% stima che non recupererà nulla, mentre il 15,1% pensa che riuscirà a rientrare di una somma inferiore al 20% dell’investimento iniziale. Il 13,1%, invece, sostiene che recupererà dai clienti tra il 40 e il 60% di quanto speso.
Certo è che gli stessi clienti hanno fatto grande affidamento sul proprio commercialista per affrontare questo nuovo adempimento. Lo dimostra la quantità di deleghe ricevute, che hanno riguardato più o meno tutti i servizi collegati alla fatturazione elettronica. Il 66,7% dei commercialisti ha avuto delega dalla quasi totalità dei clienti per la registrazione dell’indirizzo telematico. Il 53% quella per la consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici, il 49,3% per la consultazione dei dati rilevanti ai fini IVA, il 38,5 per invio e conservazione delle fatture elettroniche. In più, in quasi un caso su tre, i commercialisti hanno messo a disposizione della quasi totalità dei clienti il proprio software applicativo e assistenza per l’invio delle fatture.
“Ancora una volta – ha commentato il Presidente del CNDCEC, Massimo Miani – la nostra professione ha fatto da cuscinetto tra contribuenti, amministrazione e case di software, sopperendo tutti i giorni alle falle del sistema e svolgendo una preziosa azione di segnalazione all’Agenzia delle Entrate di tutte le problematiche riscontrate dai colleghi”.
“I risultati del sondaggio – ha continuato – certificano la sostanziale impreparazione, sia dei gestionali che dei contribuenti, con la quale si è giunti a questo fondamentale appuntamento. In tantissimi stanno rinviando l’emissione delle fatture. Di fronte a questa evidenza, è facile prevedere un effetto imbuto in vista della scadenza del 16 febbraio della prima liquidazione IVA. Per questo, chiediamo al legislatore di immaginare un prolungamento o del termine o della moratoria sulle sanzioni relative alle operazioni di gennaio fino al 16 marzo. Si potrebbe inoltre pensare ad un riordino più ampio delle scadenze tributarie di febbraio e marzo, quando scadranno gli adempimenti in materia IVA, tessera sanitaria e dati per precompilate e certificazioni uniche”.