Nelle risposte fornite ieri l’Agenzia delle Entrate considera irrilevante la comunicazione dell’indirizzo PEC al fornitore
L’Agenzia delle Entrate, nel corso del Videoforum organizzato dal CNDCEC nella giornata di ieri, ha dato risposta alle domande più ricorrenti formulate dai commercialisti e pervenute al Consiglio nazionale attraverso i diversi Ordini territoriali.
L’Agenzia ha cercato di fare chiarezza particolarmente in merito alla gestione del ciclo passivo di fatturazione.
Per quanto concerne gli aderenti al regime forfetario (L. 190/2014, come modificata dalla L. 145/2018) o al regime di vantaggio, è chiarito che tali soggetti possono conservare le fatture in modalità analogica anche qualora abbiano richiesto al fornitore di emettere la fattura in formato elettronico con consegna al proprio indirizzo PEC.
Resta possibile, per il soggetto in regime forfetario o di vantaggio, avvalersi del servizio di conservazione offerto gratuitamente dall’Agenzia.
Tra le risposte rese ieri viene, peraltro, esplicitato che il servizio gratuito di conservazione è garantito per 15 anni anche in favore dei soggetti che chiudono la partita IVA.
In tema di conservazione sostitutiva, viene confermato che il soggetto passivo può avvalersi, contestualmente per le medesime fatture, del servizio di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate e del servizoo prestato da una società privata (ad esempio il fornitore dei software gestionali).
Nessuna “apertura”, invece, per la ricezione delle fatture elettroniche relative agli acquisti di carburante, per le quali sino al 31 dicembre 2018 era possibile avvalersi della carta carburante o delle ricevute del POS per i pagamenti effettuati con carta di credito o con bancomat (si veda “Acquisti di carburante dal 2019 con fattura elettronica e senza scheda” del 21 dicembre 2018). Ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione del costo di acquisto, rimane fermo l’obbligo di ricezione della fattura in formato elettronico. È solamente precisato che, per l’esercente l’impianto di distribuzione, è possibile l’emissione della fattura riepilogativa differita ai sensi dell’art. 21 comma 4 del DPR 633/72.
In merito alla procedura di emissione delle autofatture, si ribadisce che il codice “TD20” riguarda le sole fatture da regolarizzazione ex art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97 (fatturazione omessa o errata da parte del fornitore), mentre il reverse charge “interno” (es. servizi edili), le autofatture per omaggi e per autoconsumo richiedono la classificazione con il codice “TD1”.
Anche per l’estrazione dei beni dal deposito IVA è da emettersi fattura elettronica con codice “TD1”, riportando gli estremi del soggetto passivo sia nel campo relativo al cedente che in quello relativo al cessionario.
Per quanto riguarda le regole generali di emissione delle fatture, è ribadito che per il primo semestre 2019 la data di emissione della fattura coincide con il momento di effettuazione dell’operazione. Nel file XML va, dunque, sempre indicata la data in cui l’operazione si considera effettuata ai fini IVA (art. 6 del DPR 633/72) anche se l’effettivo invio al Sistema di Interscambio avviene con qualche giorni di ritardo, beneficiando tra l’altro della disapplicazione delle sanzioni entro il termine della liquidazione dell’IVA a debito.
Inoltre, richiamando le indicazioni della circ. Agenzia delle Entrate n. 13/2018 che consente l’invio della fattura elettronica con un “minimo ritardo” rispetto alla data riportata sul documento, è chiarito che nessuna sanzione potrà essere applicata nel caso in cui una fattura elettronica sia emessa con data 30 dicembre 2018 e sia stata trasmessa al Sistema di Interscambio il giorno 2 gennaio 2019.
Riprendendo ed estendendo il contenuto di una FAQ precedentemente pubblicato, è descritta la modalità per emettere note di debito per sola IVA (ad esempio alla chiusura di una procedura concorsuale): si dovrà fare ricorso a una fattura semplificata, la quale consente l’emissione e trasmissione di un documento il cui imponibile è pari a zero.
Per le fatture in valuta estera, se l’emittente è un soggetto residente o stabilito in Italia, l’Agenzia delle Entrate richiede obbligatoriamente che gli importi siano esposti in valuta euro nel file XML, in “coerenza” con il disposto dell’art. 21 comma 4 lett. l) del DPR 633/72 (si veda “Valuta estera «dubbia» anche per le fatture elettroniche” del 14 gennaio 2019). Per l’indicazione dell’eventuale valuta di conversione si possono usare i campi opzionali della sezione “Codice Articolo” o della sezione “Altri dati gestionali”.
Un ultimo importante chiarimento riguarda le fatture relative al c.d. “tax free shopping”, per le quali non è dovuta la comunicazione delle operazioni transfrontaliere, trattandosi di fatture che sono a tutti gli effetti emesse in formato elettronico.