La norma e la prassi nazionale sembrano ammettere solamente la redazione di fatture in euro
Uno dei punti ancora aperti in tema di fatturazione, a seguito della riforma della direttiva 2010/45/UE, riguarda la possibilità di esprimere gli importi (base imponibile, imposta e totale) in valuta diversa da quella nazionale e quindi, nel caso italiano, in valuta diversa dall’euro.
L’art. 230 della direttiva 2006/112/CE stabilisce che “gli importi figuranti sulla fattura possono essere espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’IVA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella moneta nazionale dello Stato membro” e che il tasso di cambio sia l’ultimo pubblicato dalla Banca centrale europea al momento in cui l’imposta diventa esigibile.
La direttiva non è stata recepita fedelmente a livello nazionale. L’art. 21 comma 2 lett. l) del DPR 633/72, nella versione applicabile dal 2013, impone l’indicazione in fatturadell’aliquota, dell’ammontare dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento “al centesimo di euro”.
La circolare interpretativa sull’argomento (circ. Agenzia delle Entrate 5 maggio 2013 n. 12, cap. IV, § 1) non ha sciolto i dubbi, rinviando opportunamente al dettato della direttiva 2006/112/CE, bensì ha ribadito che per le fatture attive dal 1° gennaio 2013 “vale la regola generale dettata al comma 2, lettera l), che dispone l’indicazione dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento al centesimo di euro”.
Stando a quanto descritto, dunque, non potrebbero essere emesse fatture in valuta diversa dall’euro, anche se dovrebbe comunque considerarsi ammissibile la redazione della fattura in doppia valuta (ad es. dollaro ed euro), con l’adozione del tasso di cambio del giorno in cui l’IVA è divenuta esigibile.
L’introduzione degli obblighi di fatturazione elettronica, dal 1° gennaio 2019 (e dal 1° luglio 2018 per i carburanti commercializzati prima della vendita al dettaglio), non ha mutato il quadro normativo e gli interventi chiarificatori dell’Agenzia delle Entrate non si sono espressi nuovamente sul punto.
Le specifiche tecniche per l’emissione delle fatture elettroniche (approvate con il provv. Agenzia delle Entrate 30 aprile 2018 n. 89757), nel campo “Divisa”, prevedono la possibilità di esporre il tipo di valuta utilizzata per l’indicazione degli importi della fattura. Ciò trova corrispondenza nel software messo a disposizione dell’Agenzia delle Entrate.
Risulta, invece, che la maggior parte dei software di mercato in uso per l’emissione delle fatture elettroniche non consenta l’esposizione di alcune delle principali valute diverse dall’euro, tra cui il dollaro statunitense. Nella prassi commerciale di alcuni settori (commodities, bunkeraggio) è ampiamente adottato il dollaro, quale valuta di riferimento, anche nelle transazioni tra soggetti passivi IVA stabiliti in Italia (in quanto tali soggetti agli obblighi di fatturazione elettronica).
A livello operativo, in analogia a quanto già avveniva nel regime di fatturazione analogica, una soluzione che contempera le esigenze commerciali con la normativa e la prassi vigenti consiste nell’indicare in euro gli importi relativi alla base imponibile e all’imposta, riportando nel campo “descrizione” del file XML il tasso di cambio e la conversione degli importi nella valuta diversa dall’euro.
Sarebbe altrimenti possibile la fatturazione in euro, allegando al tracciato della e-fattura, la fattura fiscalmente irrilevante (già recapitata al cliente quale “copia di cortesia”) che riporta i valori (base imponibile, imposta, totale) nella valuta originaria della transazione (es. dollari) con la relativa conversione in euro.