Determinante, comunque, il mero dato formale e non fatti o condotte tenute dall’accomandante
Ai fini dell’estensione della responsabilità illimitata del socio accomandante di una sas che consenta che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, ai sensi dell’art. 2314 comma 2 c.c., rileva il solo contenuto oggettivo della ragione sociale stessa, dal quale risulti che l’accomandante sia presentato alla stessa stregua di un socio accomandatario, in modo da ingenerare oggettiva confusione sul ruolo da lui svolto nella società. È questo il principio di diritto sancito dalla Cassazione, nell’ordinanza n. 30882, depositata ieri.
Il caso di specie vedeva la curatela del fallimento della “Tizio [solo cognome] ingrosso di Caia [nome e cognome] & C. sas” e della stessa accomandataria Caia richiedere al competente Tribunale l’estensione del fallimento all’accomandante Tizio, ex artt. 147 del RD 267/1942 e 2314 comma 2 c.c. Mentre, infatti, la prima disposizione consente l’estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, la seconda stabilisce che “l’accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali”. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello disponevano tale estensione. A supporto di tale decisione il Tribunale sottolineava come, in un contesto territoriale e commerciale ristretto, come quello in cui operava la sas fallita, anche il solo cognome “Tizio” inserito nella ragione sociale non poteva che richiamare univocamente a fornitori e terzi quella persona fisica che faceva parte della compagine, consentendo l’applicazione dell’art. 2314 comma 2 c.c.
La Corte d’Appello, poi, confermando la decisione, precisava come tale norma possa applicarsi anche in presenza dell’indicazione del solo cognome ove questo sia talmente conosciuto da chi entri in affari con la società da consentirgli di individuare con certezza e senza equivoci la relativa persona fisica; circostanza che, nel caso di specie, poteva essere desunta dall’assenza di soluzione di continuità fra l’esercizio dell’impresa individuale di Tizio e la prosecuzione della medesima attività da parte della sas in locali confinanti (anche tenendo conto, da un lato, del fatto che la ditta individuale e la società avevano operato, per quasi due anni, nel medesimo settore ed in ambienti contigui, e, dall’altro, di una perseverante presenza di Tizio nei locali della sas anche in esito alla relativa costituzione).
Contro tale decisione Tizio ricorreva per Cassazione invocando l’errata interpretazione della norma in questione. Ciò in quanto non sarebbe possibile ritenere che l’affidamento dei terzi possa fondarsi sull’inserimento del solo cognome dell’accomandante nella ragione sociale della sas.
La Suprema Corte ritiene fondato il ricorso.
L’art. 2314 comma 2 c.c. è posto a tutela dell’affidamento dei terzi creditori nella responsabilità illimitata del socio che, pur non essendolo, si presenta (o consente di essere presentato) alla stessa stregua di un socio illimitatamente responsabile (ovvero, nella specie, un accomandatario). Intanto può esserci confusione – con conseguente affidamento nella ulteriore responsabilità – in quanto l’indicazione dell’accomandante sia posta sullo stesso piano di quella dell’accomandatario; la confusione, cioè, si verifica se l’accomandante è indicato come se fosse un accomandatario.
In tale contesto normativo – attributivo di rilevanza ad una forma di esteriorizzazione – ai fini dell’applicazione della disposizione è necessario avere riguardo al solo dato formale costituito dal contenuto della ragione sociale.
La ragione sociale deve, di per sé, presentarsi come rappresentatrice dell’accomandante in termini che non appaiano conformi al suo reale status, ponendolo su un piano coincidente con quello dell’accomandatario. Non rilevano, invece, fatti e condotte esterne a questo dato (elementi che, invece, i giudici di merito avevano utilizzato per ravvisare ragioni idonee a supportare la lettura che i terzi potevano dare della ragione sociale, valorizzando, così, la decettività dell’indicazione al suo interno del solo cognome).
Con particolare riguardo al caso di specie, poi, occorre verificare se la ragione sociale “Tizio [solo cognome] ingrosso di Caia [nome e cognome] & C. sas” sia idonea a presentare l’accomandante Tizio alla stessa stregua dell’accomandataria Caia. Rispetto a tale questione, la Suprema Corte osserva come nella ragione sociale l’accomandataria Caia sia menzionata con il nome nella sua interezza posto dopo l’indicazione della partecipazione al rapporto sociale (“di”), mentre il solo cognome dell’accomandante Tizio – non il nome completo – trovi una collocazione anteriore a quella dell’accomandataria e non retta dalla proposizione “di”; ciò risulta assolutamente non indicativo di una partecipazione ad un rapporto societario e, tanto meno, di un ruolo svolto al suo interno.
Di conseguenza, conclude la decisione in commento, è da escludere che la detta indicazione dell’accomandante corrisponda a quella della socia accomandataria e che, quindi, come tale, possa dare luogo all’applicazione della responsabilità illimitata di cui all’art. 2314 comma 2 c.c.