Il Ministero dell’Economia accoglie la tesi della non retroattività, ma pone come discrimine l’attività di accertamento degli uffici
La nuova formulazione dell’art. 20 del DPR 131/86, dettata dall’art. 1 comma 87 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) è entrata in vigore il 1° gennaio 2018, atteso che per essa non è stata prevista una diversa decorrenza: la nuova norma trova quindi applicazione con riferimento all’attività di liquidazione dell’imposta effettuata dagli uffici dell’Agenzia a decorrere dal 1° gennaio 2018, a prescindere dalla data di registrazione degli atti.
Questi principi sono stati enunciati nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00644 in Commissione Finanze alla Camera.
Il tema esaminato era quello della decorrenza delle modifiche all’art. 20 del DPR 131/86. Va ricordato, infatti, che la legge di bilancio 2018 ha modificato l’art. 20 citato escludendo espressamente che esso possa essere utilizzato per riqualificare atti sulla base di elementi a essi estranei o di atti collegati.
Inoltre, grazie al rinvio espresso all’art. 10-bis della L. 212/2000, inserito nell’art. 53-bis del DPR 131/86, è stato chiarito che la riqualificazione degli atti, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, fondata sugli effetti economici degli atti medesimi, può essere operata solo applicando la disciplina dell’abuso del diritto e le cautele da essa previste e non per il tramite delle norme sull’interpretazione (come l’art. 20 del DPR 131/86).
La novità ha, ad esempio, l’effetto concreto di impedire agli uffici la possibilità di riqualificare, semplicemente effettuando una operazione ermeneutica, un atto di conferimento d’azienda seguito dalla cessione quote in cessione di azienda: ove l’Ufficio voglia tassare come cessione di azienda due atti diversi, deve dimostrare l’abuso del diritto, in tutti i suoi elementi.
Ma la questione fondamentale sorta subito dopo l’approvazione della nuova norma è stata quella della sua decorrenza.
Il legislatore, infatti, pur avendo, nella relazione illustrativa, affermato la natura “chiarificatrice” della nuova formulazione dell’art. 20, ha, però, omesso di qualificarla espressamente come norma interpretativa, come vorrebbe l’art. 1 comma 2 dello Statuto dei diritti del contribuente.
La Corte di Cassazione si è espressa in più occasioni affermando la natura innovativa e non retroattiva della nuova formulazione dell’art. 20 (Cass. nn. 29084/2018, 2007/2018, 4407/2018, 4590/2018), continuando, quindi, a riqualificare ex art. 20 del DPR 131/86 previgente atti anteriori al 1° gennaio 2018.
La giurisprudenza di merito, invece, ha accolto una diversa posizione, ritenendo che l’art. 20 del DPR 131/86, già prima della modifica della legge di bilancio, non legittimasse una riqualificazione basata sugli effetti economici di atti estranei a quello portato alla registrazione (C.T. Prov. Reggio Emilia n. 4/2/18, C.T. Prov. Milano n. 4159/7/18 e C.T. Prov. Pesaro n. 480/2/18; Studio Notariato n. 17-2018/T).
Con l’interrogazione parlamentare in commento, veniva espressamente chiesto al Ministro dell’Economia e delle finanze se “si intendano adottare iniziative normative per chiarire che l’articolo 20 del TUR trova applicazione anche alle situazioni pendenti”, dando in un certo senso per scontato che questa fosse l’intenzione della norma.
Il Ministero risponde, però accogliendo la tesi della Cassazione e, citando la sentenza n. 2007/2018 (si veda “Non retroattiva la nuova norma antielusiva in materia di registro” del 27 gennaio 2018), afferma che “la legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 87, lettera a), non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo”.
Tuttavia, la posizione del Ministero non sembra completamente sovrapponibile a quella della Suprema Corte, in quanto pone come discrimine per l’applicazione della nuova norma non la registrazione degli atti o la loro stipula, bensì l’attività di accertamento degli Uffici dell’Agenzia. Nella risposta viene, infatti, espressamente affermato che “le modifiche apportate all’articolo 20 del TUR trovano, quindi, applicazione con riferimento all’attività di liquidazione dell’imposta effettuata dagli uffici dell’Agenzia a decorrere dal 1° gennaio 2018, a prescindere dalla data di registrazione degli atti”.
Il discrimine, in questo modo, risulta più favorevole al contribuente, ma potrebbe apparire più sfuggente: sulla data di registrazione non vi sono dubbi, mentre sul momento di inizio dell’attività degli uffici non vi è certezza (per il contribuente). Non si può che fare riferimento, quindi, alla notifica dell’avviso.
Così, conclude la risposta:
– per gli atti notificati dal 1° gennaio 2018, trova applicazione il nuovo art. 20 del DPR 131/86;
– agli atti notificati fino al 31 dicembre 2017, invece, si applica la vecchia formulazione dell’art. 20 e, quindi, la riqualificazione, è ancora “libera” dai vincoli del 10-bis.