La disapplicazione della disciplina dovrebbe avvenire con una metodologia analoga a quella prevista per le partecipate italiane
L’art. 1 lett. e) del provv. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008 n. 23681 individua, tra le cause di disapplicazione della disciplina delle società non operative (art. 30 della L. 724/94), quella relativa alle società che detengono partecipazioni in società considerate non di comodo ai sensi dell’art. 30 della L. n. 724/94 o in società escluse dalla disciplina anche in conseguenza dell’accoglimento dell’istanza di interpello.
La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni, con la conseguente esclusione dal calcolo dei ricavi minimi presunti, nell’ambito del test di operatività, del relativo valore (e, in base alla risposta a interpello della DRE Lombardia all’interpello n. 904-1007/14, dei finanziamenti erogati alla società partecipata operativa), nonché dal calcolo dei ricavi effettivi, dei relativi dividendi e delle relative plusvalenze.
Ciò posto, l’applicabilità della menzionata causa di disapplicazione risulta dubbia nel caso in cui la società detenga partecipazioni in società estere; in particolare, ci si potrebbe chiedere se tali partecipazioni debbano essere escluse tout court, in quanto le società estere si collocano al di fuori dell’ambito di applicazione soggettivo della disciplina delle società di comodo, oppure se la loro esclusione sia subordinata al riscontro dello status di società “operativa” del soggetto estero o alla possibilità di disapplicare la disciplina in capo alla società estera stessa.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate (circ. 9 luglio 2007 n. 44, § 4.2) ha precisato che la disciplina delle società non operative si applica alla holding anche quando questa detiene partecipazioni in società escluse per legge dall’applicazione dell’art. 30 della L. 724/94, perché residenti all’estero e prive di una stabile organizzazione in Italia.
Ne discende dunque come la società che detiene partecipazioni estere non possa escludere “automaticamente” tali immobilizzazioni dal test di operatività.
Ciò premesso, l’esclusione derivante dal superamento del test di operatività in capo alla società estera potrebbe risultare dubbia, in ragione del fatto che quest’ultima redige il bilancio sulla base di regole differenti e, pertanto, il risultato del test potrebbe non essere considerato affidabile da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Tale argomentazione dovrebbe, tuttavia, essere limitata ai casi di società extraeuropee le cui regole di redazione del bilancio prevedano criteri di classificazione divergenti da quanto previsto dal codice civile e dagli OIC.
Proseguendo nel ragionamento, la società che detiene partecipazioni in società estere sarebbe comunque tenuta alla verifica dello status di non operatività (mediante un apposito prospetto extracontabile) di tali partecipate, per cui la disapplicazione ai sensi dell’art. 1 lett. e) del provv. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008 n. 23681 avverrebbe con una metodologia analoga a quella prevista per le partecipazioni in società italiane.
Qualora non si ritengano attendibili (o non sufficientemente “confrontabili” con quelle dei corrispondenti bilanci italiani) le risultanze dei bilanci della partecipata, rimarrebbe comunque possibile disapplicare la disciplina, limitatamente alle singole partecipazioni, in presenza di cause di esclusione/disapplicazione della normativa sulle società non operative in capo alla partecipata.
Il riscontro di tali cause è certamente più semplice e oggettivo ove non strettamente legate ai dati di bilancio. A titolo esemplificativo, la DRE Lombardia, con risposta a interpello n. 904/1007/14, ha ammesso la disapplicazione della disciplina in capo alla società estera con un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità nel triennio.
Diversamente, potrebbe esporre a contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria la causa riguardante le società con valore della produzione superiore all’attivo patrimoniale.
In mancanza di cause di esclusione o disapplicazione automatica, resterebbe ferma la possibilità di presentare apposita istanza di interpello (come chiarito dalla ris. Agenzia Entrate 16 novembre 2007 n. 331) o di disapplicare la disciplina in via automatica (fornendone apposita indicazione in dichiarazione), facendo valere le “condizioni oggettive” riferibili alla società partecipata nella successiva fase precontenziosa o contenziosa.