La giurisprudenza ha attenuato il rigore dell’art. 53 del DLgs. 546/92
Il ricorso in appello deve contenere, secondo quanto previsto dall’art. 53 del DLgs. 546/92, tra gli altri elementi, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione della sentenza di primo grado.
Ne consegue che, ogniqualvolta si intenda impugnare una sentenza di primo grado, è importante porre attenzione alla formulazione dei motivi.
Premesso che nell’atto di appello, la parte appellante deve censurare la sentenza nelle parti in cui è risultata soccombente, a mente della norma richiamata, per non incorrere in una dichiarazione di inammissibilità dell’appello, dovrà specificare quali sono le parti della sentenza che contesta e le ragioni della contestazione.
La rigidità della norma richiamata è stata parzialmente attenuata dal prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l’inammissibilità deve essere dichiarata solo nel caso in cui i motivi specifici di impugnazione manchino o sia incerta la formulazione dei medesimi.
Al riguardo, anche recentemente la Cassazione 19 giugno 2018 n. 16170 ha ribadito che nel processo tributario il requisito della specificità dei motivi è soddisfatto “ove le argomentazioni svolte, correlate con la motivazione della sentenza impugnata, ne contestino il fondamento logico-giuridico, non richiedendosi necessariamente una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate che possono, invece, essere ricavate anche implicitamente, sia pure in maniera univoca, dall’atto di impugnazione considerato nel suo complesso (v. anche Cass. n. 1200 del 2016 e, da ultimo, Cass. n. 4482 e n. 8248 del 2018)”. Pertanto, secondo la giurisprudenza è ritenuta sufficiente a soddisfare la richiesta dei “motivi specifici” anche una esposizione che pur essendo chiara e univoca, risulti sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (tra le tante, Cass. 15 gennaio 2007 n. 687).
L’onere di indicare i “motivi specifici” di impugnazione è una conseguenza dell’effetto devolutivo dell’appello: con la presentazione dell’appello la cognizione della causa passa al giudice di secondo grado, nei limiti indicati nell’atto medesimo, per tale motivo l’atto di appello deve individuare le parti della sentenza di cui si chiede la riforma e le ragioni sulle quali si basa la richiesta.
Al riguardo, tuttavia, si segnala un contrasto giurisprudenziale. In particolare, la Cassazione ha ritenuto inammissibili atti di appello presentati da contribuenti che avevano riproposto il contenuto del ricorso introduttivo, in quanto mancava qualsiasi riferimento al contenuto della sentenza di primo grado e, più in particolare, mancavano le specifiche critiche rivolte alla medesima (cfr. Cass. 27 maggio 2016 n. 11001 e 22 febbraio 2017 n. 4558).
D’altra parte, incomprensibilmente, i giudici di legittimità (Cass. 12 novembre 2007 n. 23469) hanno ritenuto assolto da parte dell’Agenzia delle Entrate l’onere della indicazione, nell’atto di appello, di specifici motivi, nonostante la mera riproposizione della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, laddove hanno affermato che “l’onere di impugnazione specifica (…) è assolto anche quando con l’appello mezzo di gravame a carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (…) siano riproposte le stesse argomentazioni poste a sostegno della validità dell’atto impugnato dal contribuente, se l’amministrazione finanziaria le considera idonee a sostenerne la legittimità ed a confutare le diverse conclusioni cui era pervenuto il Giudice di primo grado (Cass. 14031/2006)”.
Estremizzando tale orientamento, si arriverebbe a sostenere che l’appello presentato dall’Amministrazione finanziaria non può mai essere inammissibile per mancanza o incertezza dei motivi specifici di impugnazione. È evidente come tale conclusione non sia condivisibile e, comunque, risulti in contrasto innanzitutto con la norma in vigore, in quanto la mera riproposizione delle argomentazioni esposte nell’avviso di accertamento non potrà mai integrare una puntuale esposizione delle ragioni di critica alla sentenza.