Sul tema si è pronunciata recentemente la Cassazione con decisioni di segno opposto
Nell’ambito di un contratto di locazione ad uso non abitativo, le parti potrebbero prevedere una clausola con cui il conduttore rinunci all’indennità di avviamento, ossia a quella somma, prevista all’art. 34 della L. 392/78, che gli spetta alla cessazione del rapporto di locazione.
Tale somma rappresenta il valore aggiuntivo acquisito dall’immobile per il fatto che vi è stata esercitata un’attività produttiva, che ne ha fatto un centro di attrazione per la clientela. La corresponsione dell’indennità è, quindi, funzionale a ristabilire l’equilibrio economico e sociale tra le parti del contratto di locazione, evitando che il locatore si arricchisca ingiustificatamente con tale valore.
La somma dovuta a titolo di avviamento corrisponde a:
– 18 mensilità se l’immobile era adibito ad attività industriali, commerciali e artigianali o di interesse turistico (art. 27 numeri 1) e 2) della L. 392/78);
– 21 mensilità per le attività alberghiere.
La funzione di riequilibrio del rapporto propria dell’indennità di avviamento è tutelata dall’art. 79della L. 392/78, che dispone la nullità, tra le altre, delle pattuizioni dirette ad attribuire al locatore “altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”.
Per tali ragioni, ci si è interrogati se la clausola di rinuncia all’indennità da parte del conduttore sia valida o se, invece, violi l’art. 79.
Sulla questione si riscontrano due ricostruzioni interpretative.
Secondo la tesi tradizionale e maggioritaria, la rinuncia all’indennità di avviamento sarebbe nulla. Una clausola siffatta, inserita al momento della stipulazione del contratto e dunque prima che il diritto alla percezione dell’indennità sia sorto, impedirebbe in toto la disposizione di tale diritto. Ciò perseguirebbe un fine vietato dalla legge, in quanto preordinato all’attribuzione di un vantaggio in favore del locatore in contrasto con l’art. 79 (Cass. n. 2148/2006).
Così si è espressa anche la Cassazione n. 15373/2018, la quale ha precisato che l’art. 79 tutela diritti imprescindibili del conduttore da qualsiasi possibilità di elusione degli stessi. Di conseguenza, solo successivamente alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trova più in una posizione di debolezza per il timore di essere costretto a lasciare l’immobile dove svolge l’attività commerciale, le parti possono negoziare i diritti nascenti dal contratto, tra cui quello all’indennità di avviamento.
L’art. 79 non impedisce che le parti, al momento della cessazione del rapporto, addivengano ad una transazione in ordine ai rispettivi diritti, poiché la norma si riferisce solo alle clausole previste nel contratto di locazione al momento della stipula e non anche agli accordi transattivi conclusi dal conduttore, che si trovi già nel godimento dell’immobile, per regolare gli effetti di fatti che si sono già verificati nel corso del rapporto ed incidono su situazioni giuridiche patrimoniali sorte e disponibili.
Secondo un’altra ricostruzione, adottata dalla Cassazione n. 8705/2015 e dal Tribunale di Roma n. 18690 del 2017, la clausola di rinuncia a percepire l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è valida, purché ciò costituisca la controprestazione di un vantaggio attribuitogli dal locatore, che lasci invariato l’equilibrio contrattuale tutelato dal divieto di cui all’art. 79 della L. 392/78. Il Tribunale di Roma ha affermato che configurano pattuizioni idonee a controbilanciare la rinuncia all’avviamento:
– la congrua riduzione dei canoni;
– la proroga della durata della locazione;
– la rinegoziazione del contratto per una durata maggiore di quella minima legale;
– la rinuncia del conduttore alla possibilità di dare disdetta alla prima scadenza;
– la rinuncia a proseguire un’azione legale intentata per l’accertamento della risoluzione del rapporto per morosità del conduttore o per inadempimento da parte di questi ad altra obbligazione contrattuale, purché comportante in concreto un proseguimento dello stesso rapporto locatizio.
Questa ricostruzione opta per la validità della clausola in ragione del fatto che il sinallagma contrattuale è mantenuto mediante la previsione di altra clausola, favorevole al conduttore, che bilancia quella di rinuncia. Anche questa tesi è stata recentemente, ripresa dalla Suprema Corte (Cass. n. 20974/2018) che, incidentalmente, ha affermato che la previsione contrattuale di rinuncia a qualsiasi indennità a titolo di perdita di avviamento non costituisce necessariamente espressione di un abuso da parte del locatore, che pure si trova in una posizione di vantaggio al momento della conclusione del contratto, ma può rappresentare la controprestazione di un vantaggio attribuitogli dal locatore, quando lasci invariato l’equilibrio contrattuale.
Alla luce di ciò, è evidente che le sorti di una clausola con cui il conduttore rinunci a tale somma sono attualmente incerte: l’orientamento tradizionale opta per la nullità tout court della clausola in questione, ma non possono ignorarsi le recenti decisioni che ammettono la rinuncia all’indennità a determinate condizioni.