Secondo l’Ispettorato nazionale del lavoro, si tratta di somme che non possono essere pagate in contanti

Di Mario PAGANO

A poco più di due mesi dalla piena operatività dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti delle retribuzioni, l’INL, con nota n. 7369 dello scorso 10 settembre, interviene nuovamente fornendo ulteriori indicazioni operative al proprio personale ispettivo, utili non solo per la verifica del rispetto di tale adempimento, attraverso l’attivazione di specifiche sinergie con l’Assocazione bancaria italiana, ma anche per definire, ancora una volta, il corretto ambito di applicazione delle nuove disposizioni contenute nei comma 910 e seguenti dell’art. 1 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018).

Secondo tale norma, a far data dal 1° luglio 2018 non è più possibile retribuire in contanti i propri dipendenti, in quanto la disposizione impone, evidentemente a fini di piena tracciabilità dei flussi retributivi ed a tutela dei lavoratori, di servirsi unicamente di alcuni strumenti tipizzati, attraverso una banca o un ufficio postale.
Più precisamente, i pagamenti possono avvenire esclusivamente tramite bonifico sul conto identificato dal codice IBAN, già comunicato dal lavoratore, ovvero tramite strumenti di pagamento elettronico oppure effettuando un pagamento in contanti ma direttamente presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento.
Infine, è possibile assolvere l’obbligo retributivo anche mediante emissione di un assegnoconsegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

L’INL conferma che gli strumenti di pagamento espressamente elencati alle lettere da a) a d) del citato comma 910, si riferiscono soltanto alle somme erogate a titolo di retribuzione. Conseguentemente, l’utilizzo di detti strumenti non è obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo, quali, ad esempio, quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (es: anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti.

In tal senso, la nota scioglie un rilevante dubbio circa l’indennità di trasferta la cui natura mista, risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche, porta l’INL a ricomprenderla tra le somme soggette all’obbligo di tracciabilità. Peraltro, sottolinea la nota, tale orientamento risulta in linea con la ratio della norma, rappresentata dalla possibilità di “mettere in condizione il personale ispettivo di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore “forfettariamente”, anche al fine di verificare il rispetto dei limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferte (art. 51, comma 5 del TUIR)”.

Viene rivista poi, in modo meno rigido, la dicitura relativa al “conto corrente di tesoreria” ammettendo il pagamento delle retribuzioni al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro ha aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento anche semplicemente ordinario, in quanto, comunque, soggetto alle dovute registrazioni.

Allo stesso modo viene ritenuto legittimo il pagamento delle retribuzioni mediante vaglia postale, a condizione che lo stesso venga emesso con l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità e il rilascio di importo inferiore a 1.000 euro venga richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità, con esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione (indicazione del datore di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore/ beneficiario, data ed importo dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione).

Nell’ipotesi in cui risulti dubbia l’effettiva corresponsione della retribuzione attraverso tali strumenti, gli organi di vigilanza possono procedere ad un controllo ulteriore che si differenzia nelle modalità in base al sistema di pagamento adottato. In tal senso l’INL individua una serie di procedure da seguire, concordate direttamente con l’ABI, finalizzate proprio alla concreta verifica del rispetto dell’obbligo di tracciabilità, il cui mancato rispetto, va ricordato, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro, con importo in concreto, attesa la non diffidabilità, pari ad 1.666,66 euro.

Se per i bonifici la verifica può risultare più agevole, richiedendo la prova positiva dell’avvenuto pagamento della retribuzione direttamente alla banca del datore di lavoro, decisamente più complicato appare il riscontro in caso di carte prepagate, specie se non dotate di IBAN, e soprattutto di assegni, tanto bancari quanto circolari, per i quali si potrà chiedere alla banca evidenza degli stessi, tratti e pagati sul conto del datore di lavoro, in un determinato periodo di tempo.