La Cassazione sottolinea come non sia necessario attendere l’omologazione
La previsione, nell’ambito della proposta di concordato preventivo, di rateizzare il debito IVA entra nella dinamica della procedura ed è idonea ad escludere l’integrazione della fattispecie di omesso versamento IVA ex art. 10-ter del DLgs. 74/2000 anche prima dell’intervento dell’omologazione. Sono queste le importanti indicazioni che appaiono desumibili dalla sentenza n. 39696 della Cassazione, depositata ieri.
Nel caso di specie il reato in questione veniva contestato al rappresentante legale di una società nonostante l’ammissione ad un concordato preventivo che prevedeva il pagamento integrale dei crediti assistiti da privilegio, compreso quello connesso all’IVA dovuta, per la quale era disposta una rateizzazione. Ciò in quanto l’inesigibilità del pagamento del debito IVA si reputava conseguenza dell’omologa e non della mera ammissione alla procedura; si riteneva, infatti, che il debitore, durante la procedura di concordato, conservando l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa, avrebbe potuto procedere sia agli atti di ordinaria amministrazione che a quelli di straordinaria amministrazione, con l’autorizzazione del giudice, e quindi anche al pagamento dell’IVA.
Contro tale impostazione si evidenziava come, in realtà, sia dal momento della domanda di concordato che il debitore passa dalla gestione autonoma (privata) a quella pubblica. Per tutto il periodo tra domanda di concordato e decreto di omologazione si opera sotto la vigilanza del commissario giudiziale e previa autorizzazione del giudice delegato. La dilazione del pagamento IVA, quindi, deve comportare l’assenza del reato, altrimenti, per assurdo, il giudice, ammettendola, consentirebbe la commissione dello stesso. Da considerare, inoltre, anche gli altri crediti privilegiati. Nella specie, in particolare, figuravano anche crediti per lavoro subordinato, da soddisfare prima dei crediti IVA; un eventuale pagamento dell’imposta nei termini, quindi, avrebbe anche violato l’ordine dei privilegi.
La Cassazione ritiene fondate tali argomentazioni. Dopo aver ricordato che la nuova formulazione dell’art. 182-ter del RD 267/1942 (sostituito dall’art. 1 comma 81 della L. 232/2016) ha reso possibile, a determinate condizioni, anche per l’IVA un pagamento parziale o dilazionato nell’ambito del concordato preventivo, si ribadisce come il reato di omesso versamento IVA non sia configurabile per il mancato versamento del debito IVA sorto prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo, nel caso in cui, in data antecedente alla scadenza del debito, sia intervenuto un provvedimento del Tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori, essendo configurabile la scriminante dell’adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo dell’autorità di cui all’art. 51 c.p., derivante da norme poste a tutela di interessi aventi anche rilievo pubblicistico, equivalenti a quelli di carattere tributario.
In tal senso, infatti, si è già pronunciata la Cassazione n. 52542/2017, nella quale si è osservato come, ove l’indagato si trovi di fronte ad una situazione in cui, da una parte, a seguito della richiesta di concordato preventivo, sia destinatario dell’ordine legittimodel giudice di non pagare debiti (fra cui il debito IVA) sorti anteriormente alla proposta di concordato e, dall’altra, sia obbligato al versamento dell’IVA per evitare le conseguenze penalistiche di cui all’art. 10-ter del DLgs. 74/2000, si presenta una discrasia tra norme penali e concorsuali risolvibile tramite la scriminante di cui all’art. 51 c.p. Deve cioè ritenersi che, ove l’indagato ometta il versamento dell’IVA, la condotta sia posta in essere in adempimento di dovere imposto da un ordine legittimo dell’autorità rispetto al quale non ha alcun margine di discrezionalità e che deriva da norme poste a tutela di interessi aventi (anche) rilievo pubblicistico, equivalenti a quelli tributari.
Anzi, sottolinea la Suprema Corte, a ben vedere, l’intimazione al debitore di non effettuare i pagamenti in questione appare una formula di stile ripetitiva dell’obbligo legislativo. Già dalla domanda di ammissione al concordato preventivo discende il divieto di pagamento dei debiti scaduti, senza autorizzazione degli organi della procedura; divieto sanzionato, a certe condizioni, anche con la revoca del concordato preventivo (cfr. Cass. n. 11958/2018).
Anche senza un esplicito divieto – sottolinea, quindi, la sentenza in commento – il debitore deve rispettare il piano dei pagamenti previsto dall’istanza di concordato (exartt. 161 e 168 del RD 267/1942). Nel concordato, infatti, sono normalmente presenti debiti differenti per prestazioni effettuate in favore della società in concordato preventivo, con un ordine dei privilegi previsto dalla legge, in maniera rigida e predeterminata (sulla base dei valori sottostanti alla natura dei crediti).
A fronte dell’esistenza di una rateizzazione del debito IVA, il debito fiscale entra in pieno nella dinamica del concordato preventivo (con relativi tempi e modalità di pagamento) controllato dagli organi della procedura, con divieto di immediati pagamenti al di fuori da quanto concordato. Anche le scadenze dei pagamenti, quindi, rientrano in pieno nella dinamica del piano concordatario.