Il termine potrebbe però avere natura ordinatoria

Di Alfio CISSELLO

Per effetto dell’art. 11 del decreto legge 50 del 2017, era stata introdotta una definizione delle liti pendenti, fruibile per coloro i quali avessero notificato il ricorso introduttivo entro il 24 aprile 2017, a condizione che la controparte fosse stata l’Agenzia delle Entrate.
Il beneficio consisteva nello stralcio intero delle sanzioni amministrative collegate al tributo e degli interessi di mora, oppure del 60% delle sanzioni amministrative non collegate al tributo.
Pertanto, quand’anche il contribuente fosse risultato vincitore nei due gradi di merito, se si intendeva definire la lite occorreva sempre pagare la totalità delle imposte.

La definizione si perfezionava con il pagamento della totalità delle somme o della prima rata entro il 2 ottobre 2017, unitamente alla presentazione dell’istanza di definizione.
Inoltre:
– su impulso del contribuente, i processi astrattamente definibili possono essere sospesi sino al 31 dicembre 2018 (per la riattivazione occorre apposita istanza di trattazione);
– erano automaticamente sospesi i termini per le riassunzioni e l’impugnazione delle sentenze che scadevano tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017.
I termini per il pagamento delle due restanti rate sono scaduti il 30 novembre 2017 e il 2 luglio 2018.

Ma, per coloro i quali hanno definito, la partita non può ancora ritenersi definitivamente chiusa.
Infatti, entro il prossimo 31 luglio 2018 l’Agenzia delle Entrate può notificare il diniego di definizione.
Solo decorso tale termine, come specificato anche nella circolare n. 22 del 2017, la definizione, a tutti gli effetti, può ritenersi chiusa.
La giurisprudenza, in merito alle precedenti definizioni delle liti pendenti, ha però sancito che il termine non è perentorio bensì ordinatorio (cfr., Cass. 10 ottobre 2008 n. 24910).
Qualora il diniego venisse notificato, naturalmente si tratta di atto impugnabile in Commissione tributaria, e il termine è soggetto alla sospensione feriale dal 1° agosto al 31 agosto.

Il diniego è impugnabile:
– entro 60 giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso cui pende la lite;
– ove la definizione sia chiesta in pendenza del termine per impugnare, anche unitamente alla sentenza stessa entro 60 giorni dalla notifica del diniego.

Nella circolare n. 22/2017 (§ 9) dell’Agenzia delle Entrate era stato specificato che, nell’apposita istruttoria funzionale all’eventuale diniego, sarebbero stati considerati aspetti quali la regolarità e la tempestività della domanda di definizione, unitamente alla correttezza e alla tempestività del pagamento delle somme o della prima rata.
Infatti, l’art. 11 comma 5 del DL 50/2017 è lapidario nello stabilire che la definizione si perfeziona con il pagamento degli importi entro lo scorso 2 ottobre 2017, o della prima rata.

Dunque, ferma restando l’applicabilità dell’art. 15-ter del DPR 602/73 (l’art. 11 del DL 50/2017 rinvia, in punto versamenti, all’art. 8 del DLgs. 218/97, che a sua volta richiama il 15-ter), su cui comunque le Entrate non si sono espresse in interventi di prassi, mentre le inadempienze relative alla seconda e alla terza rata non compromettono la definizione, quelle inerenti alla prima sì.

Vale la pena rammentare che, come di consueto, l’ente impositore può opporre il diniego di sanatoria solo per l’assenza delle condizioni di legge per fruirne (ad esempio, processo non pendente alla data fissata dal legislatore, oppure lite non fiscale, o ancora mancato perfezionamento), ma non ha alcuna discrezionalità, nemmeno di stampo strettamente tecnico, in merito all’accesso alla definizione.