Importanti chiarimenti da parte del Giudice del Registro delle imprese presso il Tribunale di Roma
In caso di esercizio del diritto di recesso da una srl, agli amministratori non è riconosciuto alcun potere dispositivo sulla relativa partecipazione in funzione del “rimborso” mediante acquisto da parte di altri soci o di terzi, ma si configura, in capo al recedente, un vero e proprio obbligo di contrarre, coercibile ex art. 2932 c.c.
L’importante precisazione è fornita dal Giudice del Registro delle imprese presso il Tribunale di Roma nel provvedimento del 14 marzo scorso, in quella che risulta essere la prima pronuncia in materia.
In primo luogo, si sottolinea come nella srl, a fronte dell’esercizio del diritto di recesso da parte di un socio, le prime soluzioni, indicate in via gradata, prevedano il rimborso della partecipazione mediante acquistoda parte degli altri soci (proporzionalmente) o da parte di un terzo da questi concordemente indicato.
Operazioni che realizzano certamente fattispecie ascrivibili al “trasferimento della partecipazione” di cui all’art. 2470 c.c., con applicabilità di quanto ivi disposto.
Tali modalità di rimborso della partecipazione non comportano alcun esborso a carico della società, a differenza di quanto avviene quando si utilizzano le riserve disponibili e di quando si riduce il capitale sociale. Il termine “rimborso”, quindi, assume nei primi due casi un significato più economico che giuridico, attagliandosi meglio all’ipotesi di restituzione di somme versate alla società e pertanto provenienti dal patrimonio di questa.
Ad ogni modo, con riguardo al trasferimento della partecipazione del recedente ai soci dichiaratisi disponibili all’acquisto, così come all’eventuale terzo, occorre chiedersi se questo possa avvenire senza la partecipazione e la volontà del recedente, analogamente a quanto accade nel caso di recesso da spa.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 2437-bis c.c. e dell’art. 2437-quater c.c., infatti, il recedente da spa rimette nella disponibilità della società e, per essa, degli amministratori, il potere di alienare i titoli azionari; e in funzione di ciò si prevede, da un lato, il deposito delle azioni presso la sede sociale e, dall’altro, l’incedibilità per il socio delle stesse. La spa è così configurata al pari di un “commissario per la vendita”.
Diversamente, nelle srl non è previsto nulla di simile e neppure è applicabile analogicamente quanto disposto per le spa. L’attribuzione agli amministratori di spa di un potere dispositivo sulla partecipazione del recedente costituisce oggetto di una norma di carattere eccezionale.
D’altra parte, la rimessione della disponibilità della partecipazione a favore degli amministratori si accompagna, giustificandosi, a un elemento che risulta strettamente funzionale ai poteri che vengono loro attribuiti e che nella srl non è realizzabile, ovvero il deposito dei titoli azionari e la loro incedibilità. Se si volesse applicare analogicamente la disciplina di cui all’art. 2437-quater c.c., poi, occorrerebbe prospettare anche la possibilità di iscrivere nel Registro delle imprese l’offerta in opzione della quota da parte degli amministratori, ma tale soluzione è preclusa dal principio di tipicità degli atti iscrivibili nel Registro delle imprese.
Da tutto ciò, tuttavia, non consegue che il recedente da una srl possa legittimamente rifiutare di prestare il proprio consenso al perfezionamento della cessione della quota. Se così fosse, infatti, il procedimento di liquidazione verrebbe subordinato alla volontà e alla discrezionalità del recedente. Ma quest’ultimo non vanta alcuna pretesa in ordine alle modalità di svolgimento delle diverse fasi della liquidazione, che risultano rimesse, nel loro succedersi, all’attività degli amministratori.
E allora, deve ritenersi che, una volta esercitato il diritto di recesso, il socio accetta, implicitamente ma inequivocabilmente, che le modalità di liquidazione della quota si realizzino secondo lo schema legislativo, assumendo l’eventuale obbligo di cedere la partecipazione nei confronti, innanzitutto, di quei soci che intendano esercitare il diritto di opzione loro attribuito.
In tale contesto, la comunicazione degli amministratori con cui si porta a conoscenza dei soci la posizione di potenziale “soggezione” del recedente va effettuata successivamente allo spirare del termine previsto per il recesso e dopo l’espletamento di quella fase preliminare dedicata alla verifica dei presupposti del recesso e della legittimazione a recedere e, soprattutto, dopo la determinazione del valore della partecipazione, che il recedente deve accettare, anche solo implicitamente.
Ai soci, poi, deve essere riconosciuto un termine congruo per comunicare l’intenzione di esercitare il diritto di acquisto. Comunicazione da effettuare secondo le modalità previste nello statuto o, nel silenzio di quest’ultimo, indirizzandola agli amministratori, che, a loro volta, renderanno edotto il socio recedente delle “adesioni”, invitandolo ad addivenire al perfezionamento dell’atto di trasferimento, che, evidentemente, dovrà essere redatto nella forma idonea a ottenere l’iscrizione nel Registro delle imprese.
E, in tale contesto, la violazione dell’obbligo di cooperare al perfezionamento della vicenda traslativa da parte del recedente legittimerà gli altri soci all’esperimento dell’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ai sensi dell’art. 2932 c.c.