L’art. 72 del RD 267/42 prevede una disciplina specifica relativamente agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti alla data della relativa dichiarazione di fallimento.

In particolare, qualora una delle parti di un contratto sia dichiarata fallita, senza essere stato ancora eseguito il contratto (anche in parte) da entrambi i soggetti, l’esecuzione dello stesso rimane sospesa fino a quando il curatore decide, dietro autorizzazione del comitato dei creditori, di subentrare nel contratto al posto dell’imprenditore fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, o di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto (art. 72 comma 1 del RD 267/42).

Tali disposizioni non trovano applicazione con riguardo al contratto preliminare di vendita trascritto (art. 2645-bisc.c.), che ha ad oggetto un immobile a uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente (o di suoi parenti e affini entro il terzo grado) o un immobile a uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente (art. 72 comma 8 del RD 267/42).

La norma da ultimo richiamata fa espresso riferimento alla trascrizione del contratto preliminare di vendita, senza richiamare anche la trascrizione, ex art. 2652, comma 1, n. 2 c.c., dell’eventuale domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto che, ai sensi dell’art. 2932 c.c., consente, in caso di inadempimento del contratto preliminare, di ottenere dal giudice una pronuncia costitutiva del trasferimento che tenga luogo del contratto rimasto inadempiuto.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità anche più recente, richiamando l’orientamento seguito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18131/2015, ha precisato che, qualora si sia provveduto alla trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto prima della sentenza dichiarativa di fallimento, l’effetto, ai sensi dell’art. 2652 c.c., è quello di rendere opponibile proprio la trascrizione anteriore (cfr.Cass. n. 9349/2018, che richiama Cass. n. 17627/2016).

Si consideri, infatti, che, come stabilito dall’art. 45 del RD 267/42, “Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori”.

Verifica del diritto a una pronuncia costitutiva del trasferimento

Ciò vuol dire, secondo la giurisprudenza citata, che qualora a fallire sia il promittente venditore, il diritto del curatore di manifestare la volontà di sciogliersi dal contratto preliminare ex art. 72 del RD 267/42 non può costituire causa di “impedimento” alla verifica del diritto del promissario acquirente, interessato, al contrario, a una pronuncia costitutiva del trasferimento dell’immobile allo stesso favorevole.
In altre parole, se la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. è avvenuta prima della sentenza dichiarativa di fallimento, non basta al curatore avanzare il suo diritto allo scioglimento del contratto riconosciuto dall’art. 72 del RD 267/42, in quanto l’effetto dell’opponibilità della trascrizione anteriore si determina anche rispetto al fallimento.

Riprendendo quanto già precisato dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 18131/2015, mentre, da un lato, la mera domanda di esecuzione in forma specifica proposta prima della dichiarazione di fallimento del promittente venditore, e riassunta nei confronti del curatore (art. 43 del RD 267/42), non è idonea a sottrarre al curatore medesimo la titolarità del potere di sciogliersi dal contratto preliminare concluso fra l’imprenditore poi fallito e il terzo, dall’altro, lo è, invece, la trascrizione di tale domanda prima del fallimento.
Solo nel primo caso l’esercizio del diritto del curatore a sciogliersi dal contratto preliminare può essere opposto al promissario acquirente, non nel secondo.

Per la cessazione dell’opponibilità della trascrizione, quindi, può rilevare la circostanza del mancato accoglimentodella domanda, ma non, si ribadisce, la previsione del diritto di scioglimento del curatore ex art. 72 del RD 267/42 in quanto si tratta di una norma non applicabile (cfr. Cass. n. 9349/2018).