Non basta, secondo la Cassazione, l’indicazione del valore globale nel registro degli acquisti

Anche le imprese minori in contabilità semplificata, pur essendo soltanto tenute all’annotazione del valore delle rimanenze sul registro IVA degli acquisti, devono a tal fine preventivamente raggruppare i beni in categorie omogenee e, quindi, sono anch’esse tenute alla predisposizione del prospetto analitico delle rimanenze, come le imprese ordinarie. È questa l’importante indicazione che emerge dalla sentenza n. 8907/2018 della Cassazione.

Si ricorda, innanzitutto, che, ai sensi dell’art. 92 comma 1 del TUIR, le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle disposizioni recate dallo stesso art. 92.

Alle imprese minori, tuttavia, il previgente art. 18 comma 2 del DPR 600/73 consentiva, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale, di indicare nel registro IVA degli acquisti il valore delle rimanenze.
Da qui la problematica circa la sufficienza di tale indicazione globale del valore delle rimanenze nel registro IVA degli acquisti per assolvere gli obblighi a carico del contribuente.

Al di là di un datato arresto con cui la Cassazione aveva stabilito che le imprese minori, poiché fruiscono, ai fini della determinazione del valore delle rimanenze, di un regime di contabilità semplificata, sono ammesse ad indicare globalmente tale valore nel registro IVA degli acquisti, senza necessità del prospetto analitico (Cass. n. 4307/1992), gli arresti successivi si sono sempre posizionati su conclusioni diametralmente opposte (cfr. Cass. n. 22174/2006, Cass. n. 9946/2003).

Queste ultime sono state confermate anche dalla pronuncia in commento, con cui i giudici di legittimità hanno stabilito che, invero, il citato art. 18, per cui le imprese minori indicano nel registro IVA degli acquisti il valore delle rimanenze, disciplina solo l’aspetto formale della condotta che deve essere tenuta dalle imprese minori sul punto (indicazione delle rimanenze), mentre il contenuto sostanziale della stessa è disciplinato dall’art. 92 sopra riportato, che (come già il vecchio art. 62 comma 1 del DPR 597/73) impone una valutazione delle rimanenze distinta per categorie omogenee, formate da tutti i beni del medesimo tipo e della medesima qualità.

In particolare, mentre il ridetto art. 18 stabilisce la disciplina formale delle rimanenze, indicando gli oneri da osservare affinché esse abbiano effetto ai fini della determinazione del reddito di impresa, il summenzionato art. 92 del TUIR (e prima l’art. 62 del DPR 597/73) contiene la disciplina sostanziale per la valutazione delle stesse, intese nel senso di materie e merci non smerciate o non lavorate e di prodotti non finiti o finiti ma rimasti presso l’impresa, da valutare secondo le disposizioni richiamate.

La norma di riferimento è l’art. 92 del TUIR

Pertanto, poiché le rimanenze di un periodo di imposta costituiscono le giacenze del periodo di imposta successivo, è evidente che la nozione tributaria di rimanenza non è data da un numero esprimente un incontrollabile valore globale, poiché, della rimanenza, la norma tributaria postula necessariamente una articolazione di beni per tipi, qualità e valore unitario.

Quanto sin qui delineato, tuttavia, trova applicazione fino alla fine del 2016, perché, come ormai noto, dal 2017 è stato introdotto il regime per cassa delle imprese minori (cfr. art. 1 commi 17-23 della L. 11 dicembre 2016 n. 232), che, tra l’altro, ha completamente sostituito l’art. 18 più volte citato, per cui ora le variazioni delle rimanenze non concorrono più alla formazione del reddito d’impresa, ma le spese per le merci rilevano nel periodo d’imposta in cui è effettuato il pagamento (si ricorda, peraltro, che, le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio 2016 sono portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime di cassa).