Per gli obblighi di comunicazione di schemi potenzialmente aggressivi è importante che prevalga un principio di sostanza rispetto alla forma
Pubblichiamo l’intervento di Alessandro Solidoro, Delegato del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili all’Attività internazionale.
Il 13 marzo 2018 il Consiglio Ecofin ha emanato una bozza di direttiva che pone nuovi obblighi di comunicazione alle proprie Amministrazioni tributarie in capo agli intermediari fiscali che intervengono nell’ambito di operazioni transnazionali.
I Paesi membri provvederanno a loro volta a scambiare tra loro trimestralmente le informazioni così acquisite.
Il Consiglio europeo adotterà la direttiva senza ulteriori discussioni e gli Stati membri avranno tempo fino al 31 dicembre 2019 per trasfonderla nelle proprie leggi e regolamenti.
I nuovi obblighi saranno operativi dal 1° luglio 2020.
Ciò che dovrà essere oggetto di comunicazione obbligatoria sono gli schemi di tax planning (arrangements) potenzialmente aggressivi, che includono elementi transnazionali.
Per cogliere al meglio gli eventuali elementi di novità della bozza di direttiva è opportuno allocarla correttamente nel contesto dell’agenda attuale degli organismi e delle istituzioni internazionali non solo europei.
L’origine è nella azione n° 12 dell’Action plan del progetto dell’OCSE denominato BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), approvato dai Paesi del G20 nel 2015 e fatto proprio dall’Ecofin nel dicembre dello stesso anno.
Il Consiglio della Ue, nelle conclusioni del 25 maggio 2016, ha invitato la Commissione a far proprie delle regole di comunicazione obbligatoria e di prevedere effettivi disincentivi per gli intermediari che assistono i clienti in schemi fiscali elusivi.
In sintesi, continua la concreta attuazione del progetto dei G20 lanciato nel 2012 per rendere coerenti a livello internazionale le regole per le imposte sui redditi societari, per allineare la tassazione alla sostanza dell’attività economica e per incrementare la trasparenza.
Un’onda lunga e inarrestabile, motivata da istanze di equità di ripartizione dell’onere fiscale tra i diversi contribuenti, assolutamente condivisibili.
In concreto, si è proceduto a emendare l’esistente Direttiva 2011/16/EUintroducendo la previsione di caratteristiche (“hallmarks”) di tipo generico o specifico, che rendono con la loro presenza una transazione cross borderpotenzialmente elusiva.
Si è quindi scelto di non inseguire singole fattispecie, peraltro in perenne evoluzione, ma di individuare caratteristiche che, ove esistenti, rappresentino in sé il rischio che determinate operazioni siano elusive.
Una seconda scelta rilevante è quella di estendere in senso molto ampio il concetto di “intermediario” obbligato alla segnalazione. In detta categoria è infatti inclusa ogni persona che concepisca, venda, organizzi o renda implementabile la transazione segnalabile, con la condizione minima di essere fiscalmente residente in uno Stato membro e di avere adeguata competenza per comprendere la natura dell’operazione in cui si è coinvolti professionalmente.
È quindi evidente come la platea degli interessati sia ben più ampia dei professionisti consulenti fiscali, siano essi commercialisti o avvocati, ma si estende potenzialmente a intermediari finanziari, società di revisione, sindaci, società fiduciarie, trust, intermediari commerciali.
Ulteriore scelta rilevante è prevedere che ciascun Stato membro, in sede di implementazione della direttiva, stabilisca sanzioni in caso di mancata segnalazione, che siano effettive, proporzionate e dissuasive.
In sintesi, i punti chiave della normativa che verrà adottata anche in Italia entro la fine del prossimo anno saranno:
– sostanzialità, con riferimento alle caratteristiche delle operazioni cross border da segnalare;
– ampiezza dei soggetti interessati all’adempimento;
– rilevanza del sistema sanzionatorio in ipotesi di omissione delle segnalazioni.
È importante che, in sede applicativa, prevalga un principio di sostanza rispetto a quello della forma, onde evitare che le incongruenze che il mondo dei professionisti ha già avuto modo di verificare, con riferimento alla non proporzionalità del sistema sanzionatorio nell’applicazione della normativa antiriciclaggio, si replichino nuovamente con riferimento all’attività di consulenza tributaria internazionale.
È del pari importante avere chiari i possibili effetti controproducenti di questa misura, onde trovare le soluzioni operative idonee a minimizzarne gli impatti, posto che è innegabile che l’introduzione di simili obblighi possa alimentare la corsa verso consulenti che risiedono e operano fuori dalla Ue (a cominciare dalla vicina Svizzera), proprio per evitare di doversi affidare a chi è tenuto all’obbligo di segnalazione.
Già da oggi si può affermare che è nato un nuovo banco di prova per gli operatori e per il legislatore per la sfida di una maggiore effettiva compliance senza oneri sproporzionati e non strettamente necessari.