Per la valutazione delle condizioni economiche dei coniugi, il giudice civile può tener conto anche della titolarità di investimenti finanziari all’estero

Secondo una decisione del Tribunale di Parma del 17 ottobre 2017, che si è posto in linea con il recente indirizzo della giurisprudenza civile di legittimità in materia di autosufficienza economica degli ex coniugi, anche i dati della voluntary disclosurepossono avere un’incidenza sulle cause di separazione e di divorzio.
Ciò sulla scorta delle risultanze di un giudizio di divorzio, incardinato innanzi al suindicato giudice, con il quale il ricorrente chiedeva che nulla fosse riconosciuto alla moglie a titolo di assegno divorzile o ad altro titolo e che nulla fosse disposto in ordine all’assegnazione dell’ex casa coniugale, di proprietà di entrambi i coniugi, in difetto dei presupposti per provvedere in tal senso.

La resistente, costituitasi in giudizio, chiedeva – in subordine ad altre istanze e in caso di dichiarata cessazione degli effetti civili del matrimonio – il riconoscimento, in suo favore, di un contributo una tantum pari a 500.000 euro oppure la corresponsione di un contributo di 6.500 euro mensili.
La causa – istruita mediante l’espletamento di indagini di polizia tributaria e l’acquisizione della documentazione fiscale relativa alle parti – veniva rimessa alla decisione del Collegio, che provvedeva emettendo una pronuncia reiettiva della domanda volta alla corresponsione dell’ assegno post coniugale avanzata dalla resistente.

Questo perché, dalla informativa definitiva di PG trasmessa alla Procura della Repubblica dal Nucleo di polizia tributaria, era emerso che la signora in questione aveva presentato l’istanza di voluntary disclosure di cui alla L. n. 186 del 2014, la quale (come si ricorderà), nell’introdurre delle disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, ha previsto una procedura di collaborazione volontaria per la denuncia di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio nazionale e per altre violazioni in materia fiscale.
Si rilevava, in particolare, come dalla dichiarazione dei redditi 2015 presentata dalla coniuge relativamente all’anno di imposta 2014 (e in particolare dal modulo RW persone fisiche 2015) si riscontrasse la titolarità di investimenti finanziari all’estero per il considerevole importo di 1.606.295 euro.

Così delineate le rispettive condizioni economiche dei coniugi, il Tribunale adìto prendeva atto dell’ingente patrimonio mobiliare e immobiliare nonché delle cospicue risorse economiche vantate dalla (ex) moglie (tali da assicurare il soddisfacimento delle sue esigenze di vita), deducendo la piena autosufficienza economica della donna, stante una disponibilità economica stimata in entrate nette mensili aggiranti sui 1.400/1.500 euro al mese.

Visto tale contesto, il collegio giudicante ha ritenuto di aderire al recente indirizzo della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 15481 del 22 giugno 2017), che ha rappresentato come l’impossibilità di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento deve essere intesa quale impossibilità di ottenere risorse tali da consentire il raggiungimento della mera autosufficienza economica.

Esperite indagini di polizia tributaria

Il revirement della Suprema Corte, appena descritto, riguarda unicamente il parametro attraverso cui valutare l’adeguatezza dei mezzi nella fase dell’an debeatur, così abbandonandosi il criterio del tenore di vita coniugale per sostituirlo con quello del “raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente”, con la precisazione che se il coniuge richiedente è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.

Il dubbio sulla relatività del concetto di autosufficienza e indipendenza economica, cioè dalla subordinazione di tale criterio alle sostanze dell’altro coniuge e alle condizioni economiche che avevano i coniugi durante il matrimonio è stato superato dalla stessa sentenza n. 11504/2017, ove si è espressamente esclusa questa possibilità mediante il chiarimento che l’accertamento dell’indipendenza economica “attiene esclusivamente alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale”.