In alcuni casi, i gruppi internazionali di imprese, al fine di ridurre i costi, possono decidere di affidare ad un unico soggetto la gestione di parte della contabilità delle imprese partecipanti, ad esempio, assegnando ad un unico centro di elaborazione dati (ovvero ad una società del gruppo o a una società terza specializzata) il servizio di acquisizione delle fatture di acquisto e di registrazione delle stesse.
In tali ipotesi, il centro elaborazione dati può essere situato in uno Stato diverso da quello in cui hanno sede le singole società del gruppo.
La disciplina italiana in materia di conservazione delle fatture, dei registri e degli altri documenti previsti ai fini IVA (art. 39 del DPR 633/72) prevede che il luogo di conservazione elettronica dei suddetti documenti può essere situato in uno Stato diverso dall’Italia, a condizione che con quest’ultimo esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza.
In ogni caso, il soggetto passivo stabilito nel territorio nazionale dovrà applicare le regole di tenuta e conservazione dei documenti previste dalla normativa italiana (DM 17 giugno 2014), assicurare l’accesso automatizzatoall’archivio, in qualsiasi momento, dalla sede in cui viene effettuato il controllo ai sensi dell’art. 52 del DPR 633/72, e la possibilità di stampare i documenti o di trasferirli su altro supporto informatico. Ciò vale anche per i documenti necessari a garantire l’autenticità e l’integrità delle fatture elettroniche.
A ciò si aggiunge l’obbligo di cui all’art. 35 comma 2 lett. d) del DPR 633/72 di comunicare il luogo di conservazione elettronica dei libri, dei registri, delle scritture e dei documenti previsti dal DPR 633/72 e da altre disposizioni, qualora il depositario degli stessi sia diverso dal soggetto passivo IVA, indicando nella sezione 2 dei quadri E ed F, rispettivamente, dei modelli AA7 o AA9, se tale luogo è situato in uno Stato estero.
Tuttavia, può accadere che una società, pur ricorrendo ai servizi dei centri di elaborazione contabile esteri per l’acquisizione delle fatture (cartacee o elettroniche) e alla registrazione delle stesse, mantenga la gestione direttadella fase di conservazione dei documenti, trasferendo le fatture e i registri dal centro servizi a un server collocato presso la propria sede, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di conservazione elettronica.
In tale circostanza, potrebbe porsi il dubbio circa la necessità o meno di considerare quale luogo di conservazione il centro estero di elaborazione dati.
Si richiama, a tal proposito, la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 24 giugno 2014 n. 18, secondo cui, qualora il luogo di conservazione elettronica delle fatture, dei registri e degli altri documenti fiscali sia collocato all’estero, il soggetto passivo è tenuto a comunicare, negli appositi modelli e nei termini di cui all’art. 35 del DPR 633/72, “gli estremi identificativi dei luoghi di giacenza fisica dei server” presso i quali gli stessi sono conservati.
Dalle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate si dovrebbe desumere, dunque, che nell’ipotesi di conservazione elettronica dei documenti, il luogo oggetto di comunicazione ai sensi dell’art. 35 del DPR 633/72, nei modelli AA7 e AA9, non è quello in cui i documenti vengono acquisiti e registrati, bensì quello in cui è collocato il server nel quale gli stessi sono memorizzati, una volta sottoposti al processo di conservazione. Si ricorda, peraltro, che tale processo deve concludersi entro i termini di cui all’art. 7 comma 4-ter del DL 357/94, ossia entro tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento.
Pertanto, nelle ipotesi in cui le società di un gruppo aventi sede in Italia, pur ricorrendo al centro di elaborazione dati estero per la gestione delle fatture e dei registri, provvedano in modo diretto alla conservazione dei documenti, essendo il server collocato presso la loro sede, dovrebbe ritenersi invariato il luogo di conservazione e dunque non necessaria né la compilazione della sezione 2 dei quadri E ed F, rispettivamente, dei modelli AA7 e AA9, né la verifica circa la sussistenza di strumenti giuridici di reciproca assistenza con lo Stato estero.
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