Si tratta di «lucro cessante», posto che la funzione è quella di ristorare il lavoratore per la riduzione del salario

Di Pamela ALBERTI

Le indennità erogate a titolo di indennizzo in esecuzione dei contratti collettivi di prossimità concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente del percipiente. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 16 di ieri.

In base all’art. 8 del DL 138/2011, i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale possono realizzare “specifiche intese” finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.

La citata disposizione consente, in sostanza, la stipula, a livello aziendale o territoriale, di contratti che, finalizzati a specifici obiettivi (salvaguardia dell’occupazione, incremento della produttività e del salario ecc.), possono derogare alla legge o ai contratti collettivi.
Il comma 2 dell’art. 8 citato individua, in modo tassativo, le materie che possono essere oggetto di intesa dei suddetti “contratti di prossimità” (cfr. anche Corte Costituzionale 4 ottobre 2012 n. 221).

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che, considerato che i suddetti contratti di prossimità possono derogarealle disposizioni di legge o ai contratti collettivi soltanto nell’ambito delle materie tassativamente elencate nel comma 2 della disposizione e rilevato che tra queste ultime non è ricompresa la normativa fiscale, alle indennità e alle retribuzioni corrisposte in esecuzione dei medesimi contratti dovrà essere applicata l’ordinaria disciplina fiscale prevista per i redditi di lavoro dipendente dall’art. 51 del TUIR.

In particolare, ai sensi dell’art. 51 comma 1 del TUIR il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Inoltre, ai sensi dell’art. 6 comma 2 del TUIR, “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”.

Somme sostitutive di reddito

L’Agenzia ribadisce che laddove l’indennizzo vada a compensare in via integrativa o sostitutiva un mancato guadagno, o nel caso di lavoro dipendente la mancata percezione di redditi di lavoro, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito (c.d. lucro cessante), vanno assoggettate a tassazione e così ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 155/2002 e n. 106/2009). Solo laddove il risarcimento abbia la funzione di reintegrazione patrimoniale per una perdita sofferta, ovvero non rappresenti una ricchezza nuova, avendo la sola funzione di riequilibrare, in termini pecuniari, il valore d’un patrimonio perduto (il c.d. danno emergente), tale somma non sarà assoggettata a tassazione.

Nel caso di specie, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, le indennità che – a prescindere dal nomen iurisattribuito dal contratto di prossimità – abbiano la finalità di ristorare il lavoratore per la riduzione del salario, risultando sostitutive di reddito di lavoro dipendente, sono da assoggettare a tassazione ai sensi dell’art. 51 comma 1 del TUIR, con conseguente obbligo da parte del soggetto erogante di operare le ritenute ai sensi dell’art. 23 del DPR 600/73.