Assonime dedica una circolare alle novità introdotte dal DLgs. 38/2017
Il reato di corruzione nel settore privato è stato introdotto con la L. 190/2012 e successivamente modificato dal DLgs. 202/2016 e dal DLgs. 38/2017, in attuazione dei provvedimenti del Consiglio dell’Unione europea, che ha spinto tutti i Paesi membri ad allineare la disciplina a standard internazionali.
L’art. 2635 c.c. prevede oggi che possano essere puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà. La stessa pena è applicabile se il fatto è commesso da chi, nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato, esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti espressamente elencati.
Il comma 3 dell’art. 2635 c.c. estende la punibilità anche al corruttore, ovvero a colui che dà, promette od offre denaro o altra utilità a uno dei soggetti sopra menzionati.
È, inoltre, prevista una circostanza aggravante per il caso in cui l’episodio corruttivo coinvolga società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante.
Con il DLgs. 38/2017 è divenuta punibile anche la mera “istigazione alla corruzione tra privati” (art. 2635-bis c.c.).
Con la circolare n. 25 pubblicata ieri, Assonime approfondisce tale tematica. In essa viene evidenziato come si tratti di una disciplina complessa, che pone interrogativi delicati sia sotto il profilo strettamente penalistico dell’ambito di applicazione e degli interessi protetti, sia sotto il profilo della governance dell’impresa, richiedendo di compiere uno sforzo ulteriore in primo luogo culturale, per contrastare il fenomeno della corruzione anche in ambito privatistico e poi di carattere organizzativo, per ripensare le procedure interne tese a prevenire il reato di corruzione tra privati.
Va, infatti, ricordato che la corruzione tra privati (attiva) è richiamata anche come reato presupposto per la responsabilità ai sensi del DLgs. 231/2001 e, pertanto, gli enti sono chiamati ad adottare presidi adeguati nei propri codici etici e modelli organizzativi per prevenire eventuali condotte corruttive (basti pensare alle procedure relative agli omaggi da fare e ricevere).
Nell’analizzare l’evoluzione normativa, Assonime prende atto anche dei più recenti interventi del legislatore che si pongono nel solco della strategia europea in materia di anticorruzione verso un progressivo allineamento delle regole, limitando per quanto possibile le differenze tra pubblico e privato. Corruzione pubblica e privata sono prese in considerazione, ad esempio, con riguardo al “whistleblowing” (L. 179/2017) e dalla nuova disposizione in materia di “confisca allargata” ex art. 12-sexies del DL 306/1992.
Si tende a limitare le differenze tra pubblico e privato
Il documento in esame passa, poi, ad evidenziare le specifiche novità intervenute ad opera del DLgs. 38/2017, nonché le criticità che ancora permangono sull’applicabilità del reato di corruzione tra privati.
Tra queste sicuramente è centrale quella relativa alla scelta di non stabilire la procedibilità d’ufficio, salvo il caso in cui dalla corruzione consegua direttamente una distorsione della concorrenza; scelta che aveva già suscitato delle critiche a livello internazionale e che si rivela poco efficace a maggior ragione per il fatto che oggi il reato è configurato come reato di pericolo, non essendo necessario il “nocumento” per la società.
Rispetto ai soggetti attivi del reato, vengono evidenziati il diverso ruolo attribuito a soggetti apicali e sottoposti, il rilievo dato alla figura dell’intermediario (l’interposta persona) per il cui tramite sia sollecitato o ricevuto l’indebito vantaggio e l’ampliamento dell’ambito di applicazione anche agli enti privati non societari.
Riguardo al reato di istigazione alla corruzione tra privati, introdotto ex novo nell’art. 2635-bis c.c., la circolare ritiene che restino aperti diversi interrogativi (in particolare, nei rapporti con il tentativo e il favoreggiamento). Ciò che, comunque, emerge chiaramente è l’intenzione del legislatore di coprire tutte le possibili ipotesi di condotte volte a realizzare la corruzione nell’attività privata.
Dal punto di vista sanzionatorio, la disciplina italiana appare “compliant” rispetto alle indicazioni sovranazionali e le novità riguardano l’introduzione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche (art. 2635-terc.c.) e l’inasprimento delle sanzioni nel caso di responsabilità dell’ente ai sensi del DLgs. 231/2001.