L’applicazione generalizzata della ritenuta, o dell’imposta sostitutiva, del 26% comporta un aggravio impositivo sui dividendi di fonte estera

Di Ennio VIAL

Il disegno di legge di bilancio 2018, pur non eliminando la distinzione tra partecipazioni qualificate e non qualificate detenute da persone fisiche, omogeneizza il livello impositivo, prevedendo in entrambi i casi l’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26% (art. 26 DPR 600/1973).

La novità avrà ovviamente effetto anche sui dividendi esteri non paradisiaci in quanto l’art. 18 del TUIR stabilisce che i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti a soggetti residenti nei cui confronti in Italia si applica la ritenuta a titolo di imposta, sono soggetti ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta a titolo d’imposta.

Il punto 4.3 della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/2004, laddove affronta il caso dell’intermediario italiano che interviene nella riscossione dei dividendi esteri, segnala che la ritenuta, sia a titolo d’imposta sia a titolo d’acconto, si applica in virtù del c.d. “principio del netto frontiera”, ossia sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza.

Inoltre, come segnala correttamente la circolare n. 26/2004, qualora l’utile di fonte estera sia percepito direttamente all’estero ovvero senza l’intervento di un intermediario residente, il contribuente è tenuto a riportare l’utile nella dichiarazione dei redditi ai fini dell’autoliquidazione dell’imposta sostitutiva (all’epoca del del 12,50%) ai sensi dell’art. 18 del TUIR, ossia dell’imposta dovuta con la stessa misura prevista per la ritenuta a titolo d’imposta che sarebbe stata applicata qualora fosse intervenuto il sostituto d’imposta.
L’equiparazione tra sistema impositivo in presenza o in assenza di una fiduciaria deve essere un principio fermo, atteso che la fiduciaria italiana non deve determinare una alterazione del profilo impositivo.

Le istruzioni del rigo RM12 del modello REDDITI persone fisiche precisano – in modo inesatto – che nella colonna 3 deve essere indicato l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto.
L’indicazione non è coerente, ma si giustifica col fatto che il rigo RM12 accoglie diverse tipologie di redditi finanziari e che a volte si deve indicare effettivamente il lordo frontiera. Si pensi, per fare un esempio, agli interessi attivi dei conti correnti.

Purtroppo, seppure come mero inciso, la stessa posizione si rinviene nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 26 aprile 2007 n. 80.
Ulteriore profilo di criticità, connesso alla tassazione sostitutiva, attiene al fatto che l’Agenzia delle Entrate ha sempre sostenuto, da ultimo con la circolare n. 9/2015, che non è ammesso il credito di imposta in relazione ai redditi di natura finanziaria soggetti ad imposta sostitutiva.

Questa seconda presa di posizione presenta possibili profili di incompatibilità con il disposto convenzionale relativo al credito di imposta.

Possibili profili di incompatibilità

Il quadro che ne emerge è davvero sconsolante. Se dovessimo accettare entrambe le impostazioni, i dividendi esteri percepiti da persone fisiche subiranno un livello di imposizione complessivo pari alla somma tra il 26% e la ritenuta subita nel Paese estero. Si potrebbe valutare, in caso di partecipazioni comunitarie, l’eventuale sussistenza di qualche profilo di incompatibilità con i principi fondamentali del Trattato istitutivo.
Si consideri, infatti, che ipotizzando una ritenuta “in uscita” del 15% nel paese della fonte, la tassazione complessiva si attesterebbe sul 41% e potrebbe risultare più elevata della tassazione IRPEF progressiva che sconterebbe un dividendo proveniente da un paradiso fiscale.