Politici e categorie compatti a favore del provvedimento. Il Presidente del CNDCEC Miani: «Ora allarghiamo l’ambito di applicazione»
L’equo compenso è “un’importante conquista che finalmente pone rimedio a una sperequazione evidente tra grandi committenti e professionisti, uno strumento da sviluppare ulteriormente ma anche un punto di partenza solido su cui attestarsi”. Così Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, ha commentato all’uscita da Montecitorio il provvedimento inserito nel Ddl. di conversione del DL 148/2017, approvato ieri dalla Camera in via definitiva (si veda “Equo compenso anche per i commercialisti” di oggi).
La norma, che impone a banche, assicurazioni, grandi imprese e Pubblica Amministrazione il rispetto di parametri minimi (le tabelle ministeriali utilizzate in contenzioso) nella pattuizione del compenso con i professionisti, è stata recentemente criticata dall’Antitrust, in quanto considerata lesiva della libera concorrenza (si veda “Non necessaria la norma sull’equo compenso” del 28 novembre).
Osservazioni a cui il Ministro Orlando ha intenzione di replicare, attraverso “un’articolata lettera che invierò nei prossimi giorni, per spiegare che si tratta di uno strumento che non contrasta con un mercato libero e trasparente ma evita squilibri e distorsioni”.
Una posizione condivisa da Massimo Miani, Presidente del CNDCEC, che plaude all’approvazione definitiva della norma: “È una tappa molto importante – ha spiegato tramite una nota stampa diffusa ieri – sulla via del riconoscimento del ruolo svolto dalle professioni e del rispetto dovuto al loro lavoro. Non è affatto un freno alla concorrenza, ma è anzi uno strumento utile a garantire una maggiore qualità delle prestazioni professionali offerte, con evidenti ricadute positive per l’intera collettività”.
Ora, però, bisognerà lavorare per un “ampliamento dell’ambito di applicazione della norma”, magari estendendolo a “tutte le funzioni di interesse pubblico, tra le quali rientra a pieno titolo il collegio sindacale”.
Insomma, come sostenuto anche da Cosimo Ferri, Sottosegretario alla Giustizia, il provvedimento deve essere “un punto di partenza affinché venga riconosciuto ai professionisti il giusto valore della loro prestazione. La riforma realizza un punto di equilibrio tra le esigenze degli assistiti e quelle dei professionisti, con un occhio di riguardo ai più giovani”, ai quali bisogna “trasmettere fiducia” nell’approcciarsi alle professioni.
Ai giovani e all’accrescimento delle tutele nei loro confronti ha fatto riferimento anche Giorgio Luchetta, Consigliere del CNDCEC delegato a compensi e onorari: “È soprattutto a loro – ha commentato – che la politica deve rivolgere il suo sguardo, per evitare che la situazione di evidente disagio in cui operano possa indurli a rinunciare all’attività professionale, creando nel medio termine le basi per un indebolimento del sistema ordinistico italiano la cui centralità nel sistema economico del nostro Paese va invece preservata”.
Una centralità certificata dai numeri, sempre crescenti, dell’intero comparto professionale. Stando, infatti, al Rapporto Cresme 2017 su “Il valore sociale delle libere professioni”, il totale degli iscritti agli albi è passato negli ultimi 10 anni da circa un milione e 650 mila soggetti a oltre due milioni e 300 mila. Di questi, il 31% ha meno di 40 anni. Quanto agli studi professionali, a fine 2016 erano in tutto circa 300 mila, con un milione e 300 mila addetti, tra soci, collaboratori esterni e dipendenti. Considerando che molti professionisti svolgono anche altre attività come dipendenti, si arriva a una stima occupazionale di quasi due milioni di addetti, corrispondente all’8,4% dell’occupazione complessiva stimata nel 2016.
La ricerca è stata presentata ieri mattina durante la manifestazione organizzata da CUP (Comitato unitario delle professioni) e RPT (Rete delle professioni tecniche) dal titolo “L’equo compenso è un diritto”. All’evento, tenutosi al teatro Brancaccio di Roma, hanno partecipato non solo i rappresentanti di diversi Ordini professionali, ma anche tanti esponenti della politica che, a prescindere dalle appartenenze, hanno concordato sull’importanza del provvedimento.