È possibile sfruttare la nuova agevolazione, introdotta dalla legge di bilancio 2017, nei gruppi in cui una società è quotata

Di Gianluca ODETTO

Tra le norme “dimenticate” della scorsa sessione di bilancio un posto particolare rivestono quelle, contenute nell’art. 1 commi 76-80 della L. 232/2016, che consentono la cessione delle perdite fiscali delle società di nuova costituzione nei gruppi in cui una società è quotata.

In estrema sintesi, è consentito cedere le perdite realizzate nei primi tre esercizi da una società a condizione che tra questa e la società cessionaria sussista un rapporto partecipativo almeno pari al 20% (determinato in base ai parametri dei diritti di voto e della partecipazione agli utili) e che la società cessionaria, o la società che controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, abbia azioni quotate nei mercati regolamentati.
Se, quindi, in un gruppo la capogruppo X è quotata e controlla la società Y, la quale controlla la società Z, la quale a sua volta ha una partecipazione del 25% nella società A, con la nuova norma A può cedere le sue perdite a Z, ancorché quest’ultima non sia quotata, ma solo controllata (anche in modo indiretto) dalla capogruppo quotata X.

Sono poi previste condizioni ulteriori, riferite alla natura delle perdite (che devono riguardare una nuova attività produttiva, escludendo quindi le perdite delle società costituite, ad esempio, a seguito di scissioni di entità preesistenti), all’entità delle perdite da trasferire (la cessione, infatti, deve riguardare la totalità delle perdite), alla natura dell’attività esercitata dalla società cedente (che deve essere diversa da quella immobiliare) e agli aspetti procedurali (la cessione deve, infatti, rispettare le formalità previste dall’art. 43-bis del DPR 602/73 per la cessione dei crediti d’imposta, e la cessione deve perfezionarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi).

La principale questione su cui le società potenzialmente interessate dalla nuova misura si interrogano, anche nell’ottica di un possibile ricalcolo dell’acconto IRES con il metodo previsionale entro il 30 novembre 2017, riguarda la decorrenza dell’agevolazione. In mancanza di una norma di decorrenza espressa si deve senz’altro riconoscere che il primo periodo d’imposta interessato è il 2017, anche se rimane il dubbio se ciò riguardi il periodo di formazione delle perdite (come pare) o l’anno in cui le perdite sono utilizzate.
Anche accettando la prima soluzione, questa deve essere coordinata con le ulteriori previsioni contenute rispettivamente nei commi 78 e 77, secondo cui:
– le perdite cedute relative a un periodo d’imposta sono computate dalla società cessionaria in diminuzione del reddito complessivo del medesimo periodo d’imposta;
– la cessione deve essere perfezionata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Sembra pertanto di capire che, ad esempio, la società A, costituita nel 2016 e non svolgente attività immobiliare, può cedere le perdite fiscali prodotte nel 2017 alla società Z, la quale potrebbe già utilizzarle a riduzione del proprio reddito riferito al 2017medesimo (come avviene nel consolidato fiscale), a condizione che l’atto di cessione venga perfezionato entro il 30 settembre 2018.
Se questo ragionamento è corretto, ipotesi di ricalcolo dell’acconto IRES non sembrano irrealistiche (si fa, naturalmente, riferimento alla società che beneficerebbe delle perdite, ovvero la società Z), a condizione naturalmente che si possa stimare con ragionevole certezza l’entità delle perdite da trasferire.

Remunerazione obbligatoria del vantaggio fiscale

Va da ultimo ricordato che, diversamente da quanto accade nel consolidato fiscale, nel quale la questione è regolata dall’autonomia contrattuale, nel contesto dell’agevolazione in commento l’art. 1 comma 79 della L. 232/2016 obbliga la società cessionaria a remunerare la società cedente del vantaggio fiscale ricevuto, applicando all’ammontare delle perdite acquisite l’aliquota ordinaria IRES vigente nel periodo di formazione delle perdite stesse. Sempre facendo riferimento all’esemplificazione sin qui svolta, se A cede a Z 2.000.000 euro di perdite, Z è tenuta a corrispondere ad A 480.000 euro.

La remunerazione obbligatoria del vantaggio conseguito non ha, però, effetti fiscali, in quanto la componente positiva di reddito che si genera in capo ad A e la componente negativa di reddito che si genera in capo a Z risultano rispettivamente non imponibile e non deducibile, non influenzando quindi i conteggi sull’eventuale ricalcolo dell’acconto.

Pare ammissibile lasciare un credito aperto, se le somme non sono pagate immediatamente, anche se l’eventuale remissione del debito effettuata da A in favore di Z determinerebbe in capo a quest’ultima una sopravvenienza tassata,  essendo Z socia di A e non il contrario.