Rilevano anche le componenti «ex straordinarie» diverse dalle plusvalenze da trasferimento d’azienda

Di Luisa CORSO

L’art. 172 comma 7 del TUIR subordina il riporto delle perdite delle società partecipanti alla fusione alla verifica di una soglia minima di vitalità, determinata anche in funzione dei “ricavi e proventi dell’attività caratteristica”; si aggiunge una limitazione di carattere quantitativo determinata dall’ammontare del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501-quater c.c. Il primo limite va esaminato anche avendo riguardo all’eliminazione dell’area straordinaria dallo schema di Conto economico.

La norma dispone che le perdite delle società partecipanti alla fusione possano essere riportate in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione solo se le società che le hanno realizzate abbiano conseguito, nell’esercizio precedente a quello in cui l’operazione viene deliberata, un ammontare di ricavi o proventi dell’attività caratteristica e sostenuto spese per prestazioni di lavoro subordinato, di ammontare superiore al 40% della media degli ultimi due esercizi anteriori.

Per ciò che concerne l’individuazione dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica va rilevato che, in base all’OIC 12 (“Motivazioni alla base delle decisioni assunte”), sussiste una distinzione tra attività caratteristica ed accessoria. Tale distinzione permette, dal lato dei ricavi, di distinguere i componenti che devono essere classificati nelle voci:

– “A.1 – Ricavi delle vendite e delle prestazioni”, nella quale vanno iscritti i componenti positivi di reddito derivanti dall’attività caratteristica;
– “A.5 – Altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio”, nella quale vanno iscritti i componenti positivi di reddito che, non rientrando nell’attività caratteristica o finanziaria, sono trattati come aventi natura accessoria.

Stando al tenore letterale dell’art. 172 comma 7 del TUIR, ai fini del test di vitalità, dovrebbero quindi rilevare i soli componenti iscritti nella voce A.1 di Conto economico; tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 143 del 10 aprile 2008, ha fornito un’interpretazione estensiva della fattispecie, ritenendo rilevanti tutti quei proventi che in relazione all’attività svolta dalla società possano considerarsi “caratteristici”.

Come risultato, in linea generale, vanno ricompresi nel test i ricavi e proventi di cui alle voci A.1 e A.5 di Conto economico, oltre che, nel caso di società holding, i proventi finanziari iscritti nelle voci C.15 e C.16.
Nonostante non constino orientamenti espressi sul tema, devono altresì essere considerate le voci A.2 e A.3, in quanto espressione dell’attività caratteristica; si prenda, ad esempio, il caso delle imprese edili che iscrivono i loro proventi tra le rimanenze per poi “girare” tali importi nella voce A.1 al momento della vendita dell’immobile.

In considerazione dell’eliminazione dell’area straordinaria di Conto economico, gli eventuali componenti entrati a far parte dell’area ordinaria (per lo più nella voce A.5), dal 2016 “solare”, dovrebbero incrementare i ricavi e proventi caratteristici, rilevanti ai fini del superamento del test di vitalità.
Infatti, per effetto di quanto stabilito dall’art. 13-bis comma 4 del DL 244/2016 convertito, quando le norme fiscali fanno riferimento ai componenti iscritti nelle macro classi A e B del Conto economico, si considerano tali i componenti iscritti in tali voci nei bilanci 2016 e successivi, ancorché nei bilanci precedenti essi figurassero nell’area straordinaria; ciò, con l’eccezione dei componenti positivi e negativi derivanti da operazioni di trasferimento d’azienda, i quali rimangono “straordinari” ai soli fini fiscali anche se registrati nelle macro classi A e B.

Tale regola dovrebbe valere anche per l’art. 172 comma 7 del TUIR che pone un riferimento alla gestione caratteristica, pur non richiamando in modo espresso singole voci di Conto economico.
Una volta verificata la soglia di vitalità, la norma pone un limite quantitativo alla riportabilità delle perdite, rappresentato dal patrimonio netto delle società partecipanti quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501-quater c.c., senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa.

La norma pone un limite alla riportabilità delle perdite

La suddetta disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso per cui, anche in assenza della situazione patrimoniale (la cui redazione può essere omessa, ad esempio, sulla base del consenso unanime dei soci), l’Agenzia delle Entrate non possa disconoscere il diritto alla riportabilità delle perdite qualora, sulla base dell’ultimo bilancio approvato, risulti comunque rispettato il limite del patrimonio netto, anche se vi sono poi state riduzioni patrimoniali successive alla data di riferimento.