La Cassazione è tornata su questioni dibattute sul reato ex art. 10-ter del DLgs. 74/2000, soffermandosi anche su rateizzazione e «ne bis in idem»

Di MARIA FRANCESCA ARTUSI

Sempre molto dibattuta è l’applicazione del reato di omesso versamento dell’IVA come previsto dall’art. 10-ter del DLgs. 74/2000 e come interpretato dalla giurisprudenza prevalente.
La Corte di Cassazione affronta alcuni dei principali temi connessi a tale fattispecie in una sentenza depositata ieri, la n. 47596, a seguito della condanna del legale rappresentante di una srl in relazione a un’omissione “soprasoglia” per l’anno di imposta 2010.
Tra i punti più interessanti toccati dalla pronuncia vi sono: il tema controverso dell’incidenza della crisi di liquidità rispetto all’elemento soggettivo del reato; i presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità del pagamento del debito tributario, in particolare in caso di rateizzazione dello stesso; la possibile rilevanza del principio del c.d. “ne bis in idem”.

Riguardo all’impossibilità del pagamento addotta come causa di forza maggiore tale da escludere il dolo del reato, la giurisprudenza ha avuto più volte occasione di pronunciarsi. Proprio in relazione alla fattispecie di omesso versamento IVA, è stato precisato che, ogniqualvolta il soggetto d’imposta effettui operazioni imponibili, egli riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. Non può, quindi, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non fare debitamente fronte all’esigenza predetta (Cass. SS.UU. nn. 37424 e 37425 del 2013).

Va ricordato che il reato in esame richiede il dolo generico (fine di evasione). Nell’ordinamento penale, la forza maggiore che può escludere il dolo può essere rintracciata in qualsiasi evento naturale o derivante da condotta umana che, anche se previsto, non poteva in alcun modo essere impedito. Essa sussiste solo e in tutti quei casi in cui la realizzazione dell’evento stesso o la consumazione della condotta antigiuridica è dovuta all’assoluta e incolpevole impossibilità dell’agente di uniformarsi al comando, mai quando egli si trovi già in condizioni di illegittimità, e non può quindi ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente.

Nei reati omissivi integra, pertanto, la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà, di porre in essere il comportamento omesso. Si è quindi in presenza dell’omesso versamento del debito IVA, quando l’imputato avrebbe dovuto curare la messa in riserva e quindi l’accantonamento delle somme incassate e di pertinenza dell’Erario, mentre ha tenuto una diversa condotta con coscienza e volontà a proprio rischio e pericolo.
In tal modo, la sentenza in commento torna a escludere che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante.

Anche sulla rateizzazione esiste già una giurisprudenza che si va consolidando, sebbene con notevoli criticità evidenziate da più parti (cfr. Trib. Treviso 23 febbraio 2016).
La nuova causa di non punibilità di cui all’art. 13 del DLgs. 74/2000 – in continuità con la circostanza attenuante che era precedentemente prevista dal medesimo articolo – presuppone l’integrale pagamento del dovuto. Il contribuente deve, pertanto, dimostrare di aver versato l’importo corrispondente al debito fiscale comprensivo di sanzioni e interessi, né l’avvenuto puntuale pagamento delle eventuali rate, pattuite e già scadute, è sufficiente a garantire certamente il pagamento delle successive rate a scadere. Nel caso di specie, manca tale dimostrazione e manca anche – secondo i giudici di legittimità – l’attestazione di un piano di rateizzazione che consenta la proroga dei termini prevista dallo stesso art. 13, ovvero la rimessione in termini sostenuta da parte della giurisprudenza in un’ottica di favor rei (Cass. n. 30139/2017).

Infine, il reato di omesso versamento IVA è un ambito privilegiato in cui si discute il divieto di cumulo di sanzioni penali e amministrative (ne bis in idem). Tuttavia, qui la Cassazione si attesta su una lettura tradizionale degli artt. 1920 e 21 del DLgs. 74/2000, secondo cui la violazione amministrativa e la violazione penale sono poste in un rapporto di “progressione criminosa” e le due tipologie di sanzioni devono essere applicate entrambe (cfr. le già citate sentenze gemelle nn. 37424 e 37425 del 2013).

Un breve accenno va fatto, ancora, alla precisazione della pronuncia in commento per cui l’obbligo di dichiarazione rappresenta espressione del principio costituzionale di capacità contributive ex art. 53 Cost., da ritenersi prevalente rispetto all’esigenza di tutelare l’autore del reato, in virtù del diritto di non “autoincriminarsi” evitando di esplicitare in un documento il versamento dovuto e non effettuato (noto ai giuristi come principio del nemo tenetur se detegere).