Per le comunicazioni IVA, è opportuno individuare un lasso di tempo tra la prima comunicazione e l’avviso bonario

Di Alfio CISSELLO

Come abbiamo già rilevato su Eutekne.info (si veda “Già recapitati gli avvisi bonari sulla comunicazione delle liquidazioni IVA” del 29 settembre 2017), in merito alle comunicazioni sulle liquidazioni periodiche IVA relative al primo trimestre 2017, l’Agenzia delle Entrate, in questi giorni, sta notificando comunicazioni di irregolarità exart. 54-bis del DPR 633/72 ai contribuenti per i quali, a seguito di controlli automatici, i risultati delle liquidazioni IVA non coincidono con i versamenti effettuati.

Trattasi di una procedura legittima, in quanto trova espressa copertura normativa nell’art. 21-bis comma 5 del DL 78/2010, che ammette, in breve, la diretta emissione dell’avviso bonario a prescindere sia dall’avvenuta presentazione della dichiarazione sia dal fondato pericolo per la riscossione.

La procedura è scandita da due step procedimentali:
– un primo, che trova fondamento nell’art. 1 commi da 634 a 636 della L. 190/2014 (richiamato dall’art. 21-bis comma 5 del DL 78/2010), secondo cui l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione del contribuente ovvero del suo intermediario “le risultanze dell’esame dei dati di cui all’articolo 21 del presente decreto e le valutazioni concernenti la coerenza tra i dati medesimi e le comunicazioni di cui al comma 1 del presente articolo nonché la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto indicato nella comunicazione medesima”;
– un secondo, che deriva dal combinato disposto degli artt. 21-bis comma 5 del DL 78/2010, 54-bis del DPR 633/72, 2 e 3-bis del DLgs. 462/97, secondo cui gli omessi/tardivi versamenti dell’IVA periodica possono essere contestati mediante avviso bonario ed eventuale diretta iscrizione a ruolo, con possibilità di definizione della vertenza pagando, anche in forma rateale, le imposte, gli interessi e le sanzioni ridotte al terzo (la riduzione delle sanzioni, però, spetta solo se gli interi importi o la prima rata sono pagati entro trenta giorni dalla ricezione dell’avviso bonario).

Tra i due step procedimentali indicati il contribuente può, naturalmente e come sancisce lo stesso art. 21-bis comma 5 del DL 78/2010, avvalersi del ravvedimento operoso, fruendo della riduzione delle sanzioni (del 30% o del 15%, a seconda dell’entità del ritardo nel versamento ex art. 13 del DLgs. 471/97) da 1/10 del minimo a 1/6 del minimo, a seconda di quando il ravvedimento stesso avviene (lettere da a) a b-ter) dell’art. 13 del DLgs. 472/97).
La riduzione delle sanzioni da ravvedimento operoso (che può essere da 1/10 a 1/6) è, all’evidenza, più conveniente rispetto alla definizione dell’avviso bonario (ove la riduzione è al terzo).

Va scongiurata la “corsa al ravvedimento”

Il tutto va combinato con l’art. 13 comma 1-ter del DLgs. 472/97, secondo cui il ravvedimento operoso è inibito dall’avviso bonario.
Emerge quindi come la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso dipenda dalla “velocità” con cui l’Agenzia delle Entrate predispone e notifica l’avviso bonario.

Invero, la procedura appare garantista per il contribuente, visto che egli, in un primo momento, viene addirittura spinto a ravvedersi, e, solo successivamente, interviene l’avviso bonario, che comunque ammette la riduzione delle sanzioni nella misura meno favorevole del terzo.
Tuttavia, come affermato da un comunicato stampa congiunto delle associazioni sindacali dei commercialisti (ADC, AIDC, ANC, ANDOC, UNAGRACO, UNGDCEC, UNICO), divulgato ieri, si tratta di una situazione sotto certi versi paradossale, visto che, per i contribuenti, comporta una vera e propria “corsa al ravvedimento”.

Dal punto di vista normativo, si potrebbe introdurre, magari modificando l’art. 1 della L. 190/2014, un termine dilatorio che deve necessariamente intercorrere tra la comunicazione preventiva e l’avviso bonario vero e proprio.
In questo modo, lo schema procedimentale descritto sarebbe maggiormente in armonia con il principio costituzionale di certezza del diritto.