Per Tribunale di Milano una simile decisione modifica la clausola dell’oggetto sociale realizzando un cambiamento significativo dell’attività

Di Maurizio MEOLI

Il Tribunale di Milano, nel decreto pubblicato il 28 maggio scorso, ha stabilito che la modifica dell’oggetto sociale che riduce le operatività precedentemente contemplate, incidendo notevolmente sulla futura attività della società, riducendola a una mera holding che fornisce servizi nei confronti delle partecipate, legittima i soci non consenzienti all’esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 comma 1 lett. a) c.c.

Si ricorda che tale disposizione riconosce il diritto di recedere ai soci di spa che non abbiano concorso alla deliberazione riguardante “la modifica della clausola dell’oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell’attività della società”.
Il legislatore ha inteso correlare il diritto di recesso del socio alla “modifica della clausola statutaria” riguardante l’oggetto sociale, cioè l’attività economica che i soci hanno deciso che la società possa e debba svolgere nel perseguimento dello scopo di lucro (ex artt. 2247 e 2328 comma 2 n. 3 c.c.).

Si è così ritenuto opportuno escludere il recesso in presenza di modifiche “di fatto” dell’oggetto sociale, ossia del cambiamento dell’attività svolta in concreto lasciando inalterato l’oggetto statutario; ipotesi da considerarsi, eventualmente, sul piano della responsabilità degli amministratori. Presupposto necessario, quindi, risulta essere una deliberazione dell’assemblea straordinaria di modifica dell’atto costitutivo.

Tra le modifiche rilevanti ai fini dell’insorgenza del diritto di recedere possono collocarsi sia quelle ampliative che quelle riduttive dell’oggetto sociale.
A fronte di ciò, è chiaro che il primo elemento da prendere in considerazione è rappresentato dal novero delle attività prima indicate in statuto come comprese e poi escluse o, viceversa, il novero di quelle prima non comprese e poi aggiunte (cfr. Trib. Milano n. 818/2020).

Il diritto di recedere, tuttavia, non sorge in presenza di una qualsiasi modifica statutaria ampliativa o restrittiva, ma soltanto quando essa consenta “un cambiamento significativo dell’attività della società”.
Solo in questo caso, infatti, è possibile riconoscere, in ragione di una condotta della maggioranza, una “rottura” del patto sociale originario che, modificando le condizioni di rischio dell’attività svolta, giustifica il recesso. Di contro, mutamenti non significativi sono, in quanto tali, irrilevanti. Ciò al fine di tutelare interessi effettivamente e realmente apprezzabili e di evitare la strumentalizzazione, da parte del socio di minoranza, di modifiche formali o marginali.