La Corte Costituzionale chiude la questione: non è possibile alcuna equiparazione con i professionisti ordinistici

Di Savino GALLO

Il visto di conformità sulle dichiarazione dei redditi e IVA rimane una prerogativa degli iscritti all’Albo dei commercialisti e dei consulenti del lavoro. Con la sentenza n. 144, depositata ieri, la Corte Costituzionale ha infatti rigettato il ricorso presentato dall’associazione dei tributaristi LAPET, che chiedeva di sancire l’illegittimità dell’art. 35 comma 3 del DLgs. 241/97, nella parte in cui riserva a commercialisti e consulenti la possibilità di apporre il visto di conformità.

Tale disposizione, sostenevano i ricorrenti, non sarebbe più attuale a seguito dell’evoluzione del quadro normativo. In particolare, la legge 14 gennaio 2013 n. 4 avrebbe introdotto elementi di assimilazione tra professioni organizzate in ordini o collegi e professioni non ordinistiche, anche in termini di controllo del rispetto della deontologia, ancorché esercitato da strutture privatistiche e non da enti pubblici.

Si lamentava, inoltre, una limitazione alla libertà di iniziativa economica dei tributaristi e una violazione del principio di concorrenza con tanto di sviamento della clientela, dal momento che “la mera predisposizione e trasmissione delle dichiarazioni fiscali, senza possibilità di apporre il visto di conformità, priverebbe la clientela dei rilevanti vantaggi prodotti sulla posizione fiscale e amministrativa dall’apposizione del visto, con conseguente maggiore convenienza a rivolgersi ai professionisti iscritti all’ordine anche per la predisposizione e la trasmissione delle dichiarazioni fiscali, essendo costoro gli unici in grado di rilasciare il visto di conformità”.

I motivi di ricorso, rigettati in primo grado dal TAR della Puglia (si veda “Legittima l’esclusione dei tributaristi dal visto di conformità” del 24 settembre 2022), avevano in qualche modo fatto breccia tra i giudici del Consiglio di Stato, che avevano dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, rimandando la decisione alla Consulta (si veda “Sul visto di conformità il CNDCEC frena i tributaristi” del 3 febbraio 2024).

Dalla Corte Costituzionale, però, arriva una chiusura netta. Secondo la Consulta, infatti, “nessuna equiparazione è predicabile” tra professioni ordinistiche e non, “avendo proprio la legge n. 4 del 2013 ribadito il divieto per i professionisti non organizzati, anche se iscritti alle associazioni, di svolgere un’attività riservata dalla legge a specifiche categorie di soggetti”.