Il DLgs. 87/2024 interviene anche su non punibilità, circostanze attenuanti, sequestro e confisca, rapporti tra procedimenti penali e tributari

Di Maria Francesca ARTUSI

Con l’entrata in vigore del DLgs. 87/2024 vi sono alcune modifiche di rilievo anche sul piano del diritto penale tributario. Nell’attuare la legge delega di riforma fiscale, tale decreto è, infatti, intervenuto su alcuni reati tributari e ha toccato i temi della non punibilità, delle circostanze attenuanti, del sequestro e della confisca, dei rapporti tra procedimenti.

Può essere utile ricordare che sul piano del diritto penale gli obiettivi della legge delega (art. 20 della L. 111/2023) riguardavano in particolare: attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso; attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto; conseguire una maggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali, evitando forme di duplicazione non compatibili con il divieto di bis in idem; revisionare i rapporti tra processo penale e processo tributario, al fine di adeguare i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilita? e di applicazione di circostanze attenuanti, al fine di poter beneficiare della non punibilita? o delle attenuanti tendendo conto dell’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale.

Vengono così modificate le fattispecie di omesso versamento fissando, negli artt. 10-bis e 10-ter del DLgs. 74/2000, il termine per la rilevanza penale della condotta al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale e la soglia è mantenuta a 150.000 euro per le ritenute e a 250.000 euro per l’IVA. D’altra parte, viene inserita la condizione per cui la condotta rispettivamente descritta sarà penalmente rilevante “se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’articolo 3-bis del DLgs. 462/1997”. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’art. 15-ter del DPR 602/1973, il colpevole sarà punito se l’ammontare del debito residuo è superiore a 50.000 euro per le omesse ritenute e 75.000 euro per l’IVA.

Peraltro, sempre in relazione agli omessi versamenti il nuovo comma 3-bis dell’art. 13 del DLgs. 74/2000 sancisce che questi due reati non siano punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. A tali fini il giudice tiene conto anche della c.d. “crisi di liquidità”.