Quota 2023 recuperata ex post, in quanto è venuto meno il regime di indisponibilità della riserva

Di Gianluca ODETTO

Anche per l’ultimo anno di applicazione dell’ACE (il 2023), rimangono ferme le particolari regole di computo per le società che hanno proceduto in passato a rivalutare i propri beni.

La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 5 comma 6 del DM 3 agosto 2017, ai sensi del quale, se una riserva non è stata in origine computata in quanto indisponibile (i saldi attivi di rivalutazione sono tali, agli specifici effetti dell’agevolazione), essa può rilevare ex post, nell’esercizio o negli esercizi in cui viene meno l’indisponibilità, sempre che la riserva in questione si sia formata a decorrere dal 2011.
Con specifico riferimento ai saldi attivi di rivalutazione, la prassi dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’indisponibilità viene meno a seguito del realizzo dei beni rivalutati (circolare n. 21/2015, § 3.13) o del loro ammortamento civilistico (risposta a interpello n. 889/2021, con conclusioni confermate nel corso di Telefisco 2022).

Dati questi principi di fondo, le modalità tecniche di computo dei valori da assumere nella base di calcolo del beneficio fiscale non sono mai state chiarite in modo espresso. Si può però partire da un assunto di fondo, per cui ciò che viene agevolato è un dato contabile, ovvero quello della riserva, pur se ciò non avviene all’atto della sua costituzione, ma in tempi successivi.

Il procedimento è più semplice nel caso di cessione del bene rivalutato, o di operazioni assimilate quali la permuta o l’assegnazione ai soci. In tal caso, tutta la riserva può essere agevolata, in quanto la totalità dei maggiori valori iscritti è stata realizzata.
Non vi sono chiarimenti su cosa succede nel momento in cui la riserva sia già stata utilizzata, ad esempio, per la copertura delle perdite, pur se il principio generale per cui si agevola ciò che è iscritto in contabilità dovrebbe autorizzare a ritenere che si debba considerare la riserva al netto dei suoi utilizzi.

Il computo ex post della riserva di rivalutazione (quindi, dei maggiori valori iscritti al netto dell’imposta sostitutiva pagata) è indipendente dal fatto che la cessione sia plusvalente o minusvalente. Sotto un profilo pratico, per il 2023 dovrebbe essere un’ipotesi non ricorrente per due ordini di motivi: in primo luogo, per i beni rivalutati nel 2020, il 2023 è ancora uno dei periodi di sospensione degli effetti fiscali della rivalutazione, per cui – al di là del beneficio ACE – chi ha ceduto beni nel 2023 ha perso questi effetti; in secondo luogo, per i beni ad esempio rivalutati nel 2008 (altro “giro” molto utilizzato dalle imprese) la riserva non può mai essere computata, in quanto formatasi prima del 2011.

Qualche complessità in più riguarda invece gli ammortamenti. La ratio della procedura è quella di recuperare la riserva in modo proporzionale agli ammortamenti (civilistici) dei beni rivalutati: di fatto, se il processo di ammortamento dura 10 anni, anche il recupero ACE avviene in 10 anni.

La somma da computare nella base ACE non coincide con gli ammortamenti appostati in bilancio, prima di tutto perché ai fini ACE si considera solo la frazione dell’ammortamento riferita alla quota rivalutata e in secondo luogo poiché, a rigore, tale quota deve essere decurtata della parte di imposta sostitutiva, come avviene in bilancio.
In sostanza, se il bene è stato portato da 200.000 euro a 700.000 euro nel 2020 in sede di rivalutazione (con l’iscrizione di un saldo attivo di 485.000 euro, al netto dell’imposta del 3%) e se, per tale bene, è stata ipotizzata una vita utile di 10 anni, per ciascuno di essi l’ammortamento civilistico è di 70.000 euro.