La Cassazione si sofferma, tra l’altro, sulle possibili correlazioni tra diverse fattispecie di bancarotta

Di Maurizio MEOLI

La Cassazione, nella sentenza n. 16115/2024, ha ricapitolato una serie di principi in materia di reati fallimentari di cui appare opportuno dare conto.

Si ricorda, innanzitutto, come, ai fini dell’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, da un lato, non sia necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento e, dall’altro, rilevi il dolo generico, per la cui sussistenza non è necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale per irregolare tenuta della contabilità “in guisa tale” da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, si precisa come sia richiesto il dolo generico, nella forma del dolo intenzionale, e non il dolo specifico; atteggiamento psicologico che, invece, è necessario per l’integrazione della fattispecie di sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri e delle altre scritture contabili.

Il dolo è generico perché la (apparente) finalità dell’agente (“in guisa tale”) è riferita a un elemento costitutivo della fattispecie, ovvero alla impossibilità di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari dell’impresa. Ne consegue la necessità di differenziazione rispetto all’elemento psicologico della bancarotta semplice di cui all’art. 217 comma 2 del RD 267/42. Diversità che è da rinvenire nel fatto che soltanto quello che caratterizza la bancarotta fraudolenta deve risultare arricchito di componenti soggettive che afferiscano esplicitamente al tema della messa in pericolo dell’interesse dei creditori a una ricostruzione completa ed esaustiva delle scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche della società. Si tratta di profili che, normalmente, sono desunti da indicatori quali la consistenza del materiale documentale tenuto in violazione di legge oppure dalla correlazione di tale condotta con attività distrattive; perché il disordine contabile è, in genere, destinato al relativo nascondimento.

In pratica, il dolo generico in questione deve essere desunto con metodo logico-presuntivo. Non può, cioè, essere tratto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, poiché è necessario chiarire quali siano gli elementi sulla base dei quali possa dirsi che l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integrerebbe l’atteggiamento psicologico del diverso, e meno grave, reato di bancarotta documentale semplice di cui all’art. 217 comma 2 del RD 267/42.