Il giudice deve valutare i segnali di allarme, che devono essere inequivocabili

Di Maria Francesca ARTUSI

Il tema della responsabilità penale dell’amministratore senza deleghe riveste una particolare delicatezza.
Nella sentenza n. 20153 depositata ieri, la Cassazione si sofferma sulla necessaria prova dell’elemento soggettivo per chi riveste un tale ruolo, in un caso di bancarotta impropria da false comunicazioni sociali (art. 223 comma 2 del RD 267/42, oggi confluito nell’art. 329 del DLgs. 14/2019). In particolare, era stato contestato l’occultamento in alcuni bilanci annuali di perdite derivanti da plurime condotte depauperative; perdite che, ove annotate per quello che erano, avrebbero disvelato la criticità della situazione economico-patrimoniale e avrebbero determinato l’esigenza di assumere i provvedimenti consequenziali per la ricapitalizzazione della società.

La condotta era riferita non solo al presidente del consiglio di amministrazione, ma anche a un componente privo di deleghe, a cui inizialmente il giudice delle indagini preliminari aveva applicato la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare la professione di commercialista e di rivestire uffici direttivi delle persone giuridiche. Misura cautelare poi annullata dal tribunale del riesame, su parere contrario del Pubblico Ministero che infatti ha presentato ricorso per cassazione.

La sentenza in esame si trova pertanto a valutare la consapevolezza dell’amministratore circa il mendacio, tenendo presente la giurisprudenza più recente e garantista degli ultimi anni quanto alla responsabilità dell’amministratore senza delega che richiede, per ritenere dimostrato il dolo della distrazione in capo a costui, la “effettiva conoscenza” di fatti predatori ovvero di segnali di allarme di questi ultimi e non che le anomalie siano semplicemente “conoscibili” (cfr. Cass. n. 33582/2022).

L’indirizzo interpretativo che viene qui ribadito afferma che la responsabilità dell’amministratore senza delega non possa prescindere dall’effettiva conoscenza dei fatti depauperativi o di segnali di allarme – inequivocabili – che a essi riconducano e che siano stati volontariamente ignorati, scongiurando, così il rischio di un addebito del reato a titolo di colpa (per inettitudine, incapacità o imprudente fiducia nell’agire dell’organo delegato) o, addirittura, di responsabilità oggettiva da posizione.