La Cassazione boccia la tesi accolta dall’Agenzia delle Entrate dal 2011

Di Anita MAURO

Si può applicare la cedolare secca al contratto di locazione a uso abitativo stipulato, in qualità di conduttore, da un soggetto imprenditore, che affitta l’immobile per fornirlo come alloggio ai propri dipendenti.

A questa conclusione giunge la Cassazione, con una sentenza (7 maggio 2024 n. 12395) che, oltre a risolvere il caso oggetto della controversia, pone (probabilmente) fine a una delle questioni interpretative, relative alla cedolare secca, che ha generato più contenzioso negli ultimi 13 anni.

La questione, sorta all’indomani dell’introduzione dell’imposta sostitutiva sulle locazioni abitative (avvenuta con l’art. 3 del DLgs. 23/2011), deriva dall’interpretazione del comma 6 dell’art. 3 citato, che esclude l’applicabilità della cedolare secca per le “unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa”.

Se era evidente che tale disposizione impedisse di applicare la cedolare secca qualora il locatore agisse nell’esercizio di imprese, arti o professioni, è nato un dibattito sulla possibilità che l’esclusione operasse anche quando il conduttore fosse imprenditore. I dubbi, in particolare, sono sorti perché l’Agenzia delle Entrate, con la circ. n. 26/2011, § 1.2, ha affermato la necessità di guardare, “al fine di valutare i requisiti di accesso al regime, anche all’attività esercitata dal locatario ed all’utilizzo dell’immobile locato”.

Così ragionando, l’Agenzia concludeva escludendo “dal campo di applicazione della norma in commento, i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti”. Questa interpretazione destava immediate critiche in dottrina, in quanto appariva in contrasto con il tenore della disposizione, che con una lettura sistematica della disciplina.

Da allora, numerosi sono stati i pronunciamenti della giurisprudenza di merito. Una parte di essa, inizialmente maggioritaria, si è espressa in senso contrario all’Agenzia delle Entrate, affermando l’irrilevanza della qualifica imprenditoriale del conduttore ai fini dell’applicabilità della cedolare secca (tra le tante, si vedano: C.T. Prov. Reggio Emilia n. 470/3/14, C.T. Reg. Lazio n. 1723/10/22, C.T.G. II Veneto n. 53/5/23). Successivamente, si è affermato, però, anche un orientamento di senso opposto, che esclude la compatibilità tra la cedolare secca e la natura imprenditoriale del conduttore (cfr. C.T.G. II Lazio n. 1223/14/23; C.T. Reg. Toscana n. 590/6/22; C.T. II Trentino Alto Adige n. 9/1/22, questa ultima, affermando peraltro la natura “non abitativa” della locazione ad uso foresteria).

La sentenza della Suprema Corte n. 12395/2024 aggiunge a questo quadro un nuovo e importantissimo tassello, in quanto fornisce, finalmente, la posizione del giudice di legittimità che, in breve, afferma di non condividere l’impostazione assunta dall’Agenzia delle Entrate (di cui, incidentalmente, ricorda la natura non vincolante).

Infatti, viene enunciato il principio secondo cui il “locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale”, atteso che l’esclusione prevista dall’art. 3 comma 6 del DLgs. 23/2011 “si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di un’attività d’impresa arti e professioni”.