Per contestare la presunta assenza di inerenza, l’Amministrazione finanziaria non può opporre le forfetizzazioni del TUIR
Una recente ordinanza della Cassazione (la n. 781/2024) offre lo spunto per tornare ad affrontare il tema della rilevanza dell’inerenza quale presupposto per la deducibilità, anche ai fini IRAP, dei componenti negativi del valore della produzione. Si ricorda, infatti, che, in seguito all’abrogazione dell’art. 11-bis del DLgs. 446/97, nell’attuale contesto legislativo manca qualsiasi rimando a tale principio.
La questione non riguarda comunque le società di persone in regime “naturale”, che, calcolando l’IRAP ai sensi dell’art. 5-bis dello stesso DLgs. 446/97, assumono i componenti rilevanti secondo le medesime regole valevoli per la determinazione del reddito d’impresa (cfr. circ. Agenzia Entrate n. 60/2008, § 2.1), applicando la stessa nozione di inerenza.
Per le società di capitali e le società di persone con opzione, occorre, invece, richiamare la prassi e la giurisprudenza che hanno affrontato il tema.
In particolare, secondo quanto sostenuto dalla Cassazione (si veda l’ordinanza n. 15115/2018), il principio di derivazione dalle voci rilevanti del Conto economico, applicabile in sede di determinazione della base imponibile IRAP delle società di capitali, non esclude la necessità di verificare l’inerenza dei costi dedotti.
Tuttavia, la presunta assenza di inerenza non va contestata sulla base delle norme del TUIR, ma in virtù dell’appostazione degli oneri nel Conto economico in modo difforme a quanto previsto dai principi contabili adottati dall’impresa.
Analogo principio è stato incidentalmente espresso dall’ordinanza n. 7183/2021 e dalla sentenza n. 6492/2023 con riferimento ai canoni di leasing immobiliare, che, secondo la Cassazione, sono deducibili per l’importo stanziato nella voce B.8 del Conto economico (eccetto la quota interessi), senza tenere conto dei limiti forfetari valevoli in ambito IRES. Infatti, i principi contabili nazionali non prevedono per i canoni di locazione finanziaria lo scorporo della parte correlata al costo delle aree.
Questo perché l’art. 36 commi 7 e 7-bis del DL 223/2006 è anteriore alle modifiche recate alla disciplina dell’IRAP dalla L. 244/2007: quest’ultima, introducendo il principio di derivazione diretta dal bilancio dei componenti positivi e negativi del valore della produzione, dovrebbe aver “disattivato”, ai fini del tributo regionale, l’applicazione delle regole fiscali da esso dettate, sostituendole con la corretta applicazione dei principi contabili (ex art. 5 comma 5 del DLgs. 446/97).
La posizione della Suprema Corte sembra ricalcare con maggior vigore quella già espressa in passato dall’Amministrazione finanziaria (cfr. circ. nn. 36/2009, § 1.2, e 39/2009), secondo la quale il principio di inerenza valevole ai fini IRAP è quello civilistico, desumibile dalla corretta applicazione dei principi contabili.