Prassi amministrativa e giurisprudenza Ue si sono espresse, di recente, sulla normativa in materia

Di Mirco GAZZERA

La disciplina fiscale delle società di comodo ha lo scopo di disincentivare il ricorso all’utilizzo dello strumento societario come schermo per nascondere l’effettivo proprietario di beni, avvalendosi delle norme più favorevoli dettate per le società (circ. Agenzia delle Entrate n. 5/2007).
Tale normativa prevede, fra l’altro, delle penalizzazioni in materia IVA che sono state oggetto, recentemente, di una risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate e, soprattutto, di un’importante sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue.

Ai sensi dell’art. 30 comma 1 della L. 724/94, “le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi” che risultano applicando determinate percentuali ad alcune attività patrimoniali.

Con riguardo all’IVA, il comma 4 della predetta disposizione preclude:
– il rimborso del credito, la sua compensazione nel modello F24 o la cessione a terzi, alle società di comodo per il periodo d’imposta con riferimento al quale il credito viene esposto in dichiarazione;
– la compensazione del credito anche con il debito delle successive liquidazioni periodiche, alle società di comodo che, per tre periodi d’imposta consecutivi, non effettuino operazioni rilevanti ai fini IVA per un importo almeno pari ai ricavi minimi presunti.

Nella risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 10/2024 è stata ammessa la possibilità del soggetto passivo di ripristinare, in dichiarazione IVA, il credito ottenuto a rimborso e poi contestato dall’Agenzia delle Entrate per mancanza dei presupposti di operatività, ma che, una volta riversato, può essere scomputato dall’imposta a debito relativa ai periodi di imposta successivi (si veda “Possibile il ripristino del credito IVA se la società ritorna operativa” del 18 gennaio 2024).

Nella predetta situazione, limitatamente alle somme rateali restituite ogni anno (al netto di sanzioni e interessi), il soggetto passivo può indicare, nell’attuale rigo VL40 della dichiarazione IVA, la quota di credito “ripristinata” che confluirà nel quadro VX. Pertanto, sarà possibile chiedere il rimborso del credito, sussistendo le condizioni previste dall’art. 30 del DPR 633/72, oppure destinare lo stesso in detrazione e/o in compensazione nel modello F24.

Nella sentenza relativa alla causa C-341/22, la Corte di Giustizia dell’Ue si è pronunciata sulla perdita definitiva del credito IVA prevista, dalla normativa italiana, qualora per un triennio non siano state effettuate operazioni rilevanti ai fini dell’imposta per un importo almeno pari ai ricavi minimi presunti.