Possibile il riferimento, in via riassuntiva, ad atti e documenti dei fascicoli procedimentali

Di Antonio NICOTRA

La Cassazione, con ordinanza n. 29282 depositata ieri, ha stabilito che, ai fini dell’opposizione allo stato passivo, l’onere di specificazione dei documenti di cui all’art. 99 comma 2 n. 4 del RD 267/42, per dimostrare l’entità del credito derivante dall’attività giurisdizionale svolta a favore della società poi fallita, può essere assolto con il riferimento, in via riassuntiva, agli atti e ai documenti relativi a fascicoli dei procedimenti.

In primo luogo, la Suprema Corte rammenta come la giurisprudenza si fosse già interrogata sull’interpretazione dell’art. 99 del RD 267/42 – nella parte in cui prevede che il ricorso in opposizione debba contenere, a pena di decadenza, anche “l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti” (comma 2 n. 4) – e in particolare se tale norma imponesse al creditore di depositare, con il ricorso, i documenti prodotti in fase di ammissione al passivo e contenuti nel fascicolo di parte.

A fronte di un orientamento che optava per un’interpretazione estensiva della decadenza (Cass. nn. 25174/2015 e 493/2012), imponendo di riprodurre tali documenti in sede di opposizione, la giurisprudenza ha poi mutato posizione (Cass. n. 12548/2017 e, poi, tra le altre, Cass. nn. 5570/2018 e 9593/2021), evidenziando come l’inciso dell’art. 99 comma 2 n. 4 del RD 267/42, nel delineare il perimetro dell’effetto decadenziale, non prevede l’onere di produrre i documenti con il deposito del ricorso, ma opera un riferimento alla necessità di elencare, nell’atto introduttivo, quelli versati agli atti del processo.

L’unico effetto preclusivo, invece, andrebbe riferito – non alla necessità di ri-depositare il materiale già prodotto, ma – all’impossibilità per il creditore di avvalersi, dopo il deposito del ricorso, di documenti nuovi e differenti da quelli utilizzati in sede di verifica innanzi al giudice e da quelli prodotti per la prima volta al momento dell’opposizione.
Il riferimento ai documenti “prodotti” da indicare specificamente, invece, depone nel senso che il ricorrente debba limitarsi a valorizzare quelli che, tra tutti, appaiono maggiormente idonei a sostenere la prospettazione (perché trascurati o non adeguatamente apprezzati dal giudice), che, una volta allegati all’originaria istanza di ammissione al passivo, rimangono nella sfera di cognizione dell’ufficio giudiziario.

Ciò premesso – precisano i giudici – nel caso di specie non viene in rilievo l’utilizzabilità nel giudizio di opposizione dei documenti allegati alla domanda di insinuazione e non prodotti nuovamente dal creditore con il ricorso in opposizione. Si tratta di comprendere, invece, se il giudice dell’opposizione possa utilizzare documenti che, oltre ad essere stati prodotti per la prima volta con il ricorso in opposizione, non siano stati individualmente indicati, se non mediante riferimento e rinvio alla “copia del fascicolo del ricorso”, con gli estremi del fascicolo e dell’organo presso cui era stato depositato, che, a sua volta, conteneva un indice analitico separato, ma non trascritto tra i documenti allegati al ricorso.