Vanno esaminati la sussistenza o meno dei modelli organizzativi e il requisito dell’interesse o vantaggio in capo agli enti
Non è consentito alcun automatismo tra la commissione di uno dei reati presupposto e la responsabilità della persona giuridica ai sensi del DLgs. 231/2001. Così la Cassazione – nella sentenza n. 42237 depositata ieri – annulla la condanna di due società in ordine all’illecito amministrativo derivante dal reato di gestione di rifiuti non autorizzata.
La contestazione riguardava in particolare la consegna e il trasporto di terre da scavo con conseguente riempimento di un “laghetto” (art. 256 comma 1 lett. a) del DLgs. 152/2006, richiamato dall’art. 25-undecies del DLgs. 231/2001).
Le motivazioni si soffermano innanzitutto sulle nozioni di “produttore di rifiuti” e di “gestione dei rifiuti”.
La modifica introdotta dal DL 92/2015 ha riformulato l’art. 183 del DLgs. 152/2006 identificando, alla lettera f), come “produttore dei rifiuti” non solo il soggetto che materialmente produce i rifiuti medesimi, ma anche quello a cui tale produzione risulti giuridicamente riconducibile. Si tratta, dunque, non soltanto del soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto a carico del quale sia configurabile, quale titolare di una posizione di garanzia, l’obbligo di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti (Cass. n. 39952/2019). Sicché la responsabilità in ordine al complessivo iter di smaltimento – secondo quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 183 citato e 188 comma 1 del DLgs. 152/2006 – rimane congiuntamente in capo al produttore giuridico, al produttore materiale e al detentore dei rifiuti e a chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni volte a modificare la natura o la composizione di detti rifiuti (c.d. “nuovo produttore”).
All’applicazione della disciplina sui rifiuti consegue altresì l’applicazione della nozione di “gestione” ai sensi dell’art. 183 lett. n) del DLgs. 152/2006, che comprende la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento degli stessi. Due sono i tipi di destinazione che possono avere i rifiuti, definiti dalla norma come “trattamento”: le operazioni di “recupero” o quelle di “smaltimento” (qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale; ovvero qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia). In entrambi i casi, per essere legittimamente svolte, le operazioni debbono essere autorizzate. Autorizzazione che, nel caso di specie, appariva mancante e quindi fondava la responsabilità delle persone fisiche.