Il CNDCEC dedica un documento alle questioni interpretative ancora irrisolte
La nuova disciplina in tema di “whistleblowing” ha da subito posto diverse questioni interpretative.
“In attesa che le best practices e la giurisprudenza possano fornire nuovi elementi al fine di collocare adeguatamente anche questo tassello della nuova cultura d’impresa nell’ambito del sistema dei controlli interni e della gestione dei rischi”, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha pubblicato ieri un documento dal titolo “Nuova disciplina del Whistleblowing e impatto sul DLgs. 231/2001”.
Il focus riguarda in particolare gli effetti del DLgs. 24/2023 sui modelli organizzativi “231”, sulle modalità di segnalazione degli illeciti e sulla loro gestione, nonché sul ruolo dell’Organismo di Vigilanza e sull’opportunità che a quest’ultimo sia attribuita la funzione di gestore delle segnalazioni.
Va ricordato in proposito che, fino all’entrata in vigore del decreto in esame, nel settore privato erano obbligati all’istituzione di una specifica tutela del whistleblower unicamente quelle società e quegli enti che avevano adottato modelli di organizzazione e gestione in base al DLgs. 231/2001. A questi si aggiungevano le società e gli enti “in controllo pubblico” tenuti all’applicazione della disciplina anticorruzione (L. 190/2012 e DLgs. 33/2013).
La nuova normativa amplia di molto i soggetti obbligati nel settore privato includendo tutti quei datori di lavoro che: hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato; non hanno la dimensione indicata al punto 1 ma rientrano tra quelli obbligati al rispetto della normativa in materia di mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; rientrano nell’ambito di applicazione del DLgs. 231/2001 e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se hanno meno di 50 lavoratori.
Tra le criticità, il CNDCEC evidenzia come tale ampliamento preoccupi non poco le associazioni rappresentative del mondo imprenditoriale, tant’è che all’indomani dell’approvazione dello schema di decreto sono state espresse forti perplessità in merito all’inclusione delle imprese con meno di 50 dipendenti dotate di modello 231, nonostante la direttiva (Ue) 2019/1937 “in linea di principio, escluda le imprese sotto tale soglia dimensionale”. In senso diametralmente opposto, viene osservato che l’obbligo di istituire canali di whistleblowing, essendo indissolubilmente connesso all’esistenza di modello 231, potrebbe disincentivare alla sua adozione le imprese con un numero di dipendenti inferiore a 50 che non lo hanno ancora implementato.