Un nuovo Studio del Notariato esamina le clausole utilizzabili
Il Consiglio nazionale del Notariato, nello Studio n. 123-2022/I, analizza i metodi di risoluzione delle situazioni di stallo nelle decisioni assembleari in presenza di “pariteticità” legate a partecipazioni 50-50 nate da fatti contingenti originari o successivi (conseguenti, ad esempio, a un passaggio generazionale), c.d. deadlock, o di pariteticità connesse a precise scelte di un socio di minoranza (investitore), c.d. stalemate (si parla, quindi, in genere di pariteticità giuridica).
Si tratta di situazioni da tenere distinte. Sia perché solo nel primo caso il rischio di una condotta ostruzionistica è “reciproco”, sia perché i rimedi giudiziari per contrastare l’abuso della minoranza non sono uguali a quelli adottabili per contrastare le situazioni di stallo decisionale per insanabile dissidio tra soci con partecipazioni paritetiche. Nel caso di abuso del socio di minoranza, infatti, si potrebbe pensare di ottenere nei confronti del socio minoritario non solo il risarcimento del danno, ma anche l’intervento del giudice per impedire l’uso abusivo del diritto di voto.
I metodi di risoluzione in questione (sia quelli conservativi, tesi alla continuazione della società coinvolgendo le parti in lite, che quelli disgregativi, connotati dall’estinzione del rapporto societario di una o di tutte le parti) dovrebbero essere adottati fin dall’inizio dell’esperienza sociale, tramite clausole statutarie e parasociali, superando la remora derivante dal fatto che simili regolamentazioni potrebbero essere intese come scetticismo nei confronti dell’altro socio in grado di mettere a repentaglio il principio della reciproca fiducia nei rapporti tra soci. Lo stallo decisionale, quindi, risulta essere la conseguenza di una incompletezza del contratto; incompletezza particolarmente grave nel caso di joint venture paritetiche (ovvero di una newco costituita da due società preesistenti).
Occorre, inoltre, considerare come, in presenza di clausole antistallo, fino all’esaurimento delle relative procedure, e solo qualora le stesse non siano decisive nel rimuovere lo stallo, non appare possibile invocare alcuna responsabilità personale e solidale degli amministratori per il ritardo o l’omissione degli adempimenti previsti dall’art. 2484 c.c. e per i conseguenti danni eventualmente subìti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi.