Se si tratta invece di un costo «fittizio» il recupero deve avvenire nell’anno di imputazione

Di Silvia LATORRACA

La Corte di Cassazione si è occupata ieri di una fattispecie non di rado oggetto di rilievi da parte dell’Amministrazione, affermando che il mantenimento in bilancio di un debito per fatture da ricevere, il cui importo risulti immutato rispetto all’esercizio precedente, non può determinare il recupero a tassazione a titolo di sopravvenienza attiva. (Cass. n. 3901 del 9 febbraio 2023).

Nel caso di specie, un’associazione aveva rilevato, nel bilancio relativo all’esercizio 2006, fatture da ricevere per un importo rilevante. La voce non aveva subito movimentazioni nel corso dell’anno successivo, per cui l’importo risultava immutato.
L’Agenzia delle Entrate aveva ripreso a tassazione, con riferimento al periodo d’imposta 2007, una sopravvenienza attiva, che si assumeva non essere stata contabilizzata e dichiarata.

La Commissione tributaria regionale, aderendo alla prospettazione erariale, aveva dedotto il mancato pagamento della posta debitoria e la conseguente insorgenza di una sopravvenienza attiva nel 2007, che la contribuente avrebbe omesso di dichiarare.
La Suprema Corte ha ricordato che, secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, in tema di imposte sui redditi d’impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88 comma 1 del TUIR, si realizza in tutti i casi in cui una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, con il conseguente assoggettamento a imposizione in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio e acquista certezza (da ultimo, Cass. n. 24580/2022, nonché Cass. n. 1508/2020 e Cass. n. 20543/2006).
Dunque, è il requisito della certezza dell’estinzione di una posizione debitoria a identificare la sopravvenienza attiva e l’anno di imputazione.

Si è, peraltro, chiarito, anche in dottrina, che la sopravvenienza deve avere per presupposto un’operazione rilevante ai fini delle imposte sui redditi, intendendosi tale anche la cancellazione di un debito, per esempio per remissione, che certamente modifica l’oggetto di un’obbligazione incidendo sulla posta, così trasformata in un provento fiscalmente rilevante.

Deve, inoltre, trattarsi di poste di competenza di esercizi precedenti, perché, se diversamente l’evento modificativo ed estintivo della posizione debitoria si realizza in corso d’anno, ciò costituirebbe semplicemente una modifica rilevante ai fini della formazione del reddito d’impresa dell’anno medesimo, senza la necessità di configurare sopravvenienze.

Quanto detto vale anche per le c.d. passività fittizie, di cui si dichiari la sopravvenuta insussistenza, che non possono costituire sopravvenienze nell’anno in cui vengono dichiarate, altrimenti riservando alla discrezionalità del contribuente, mediante l’eliminazione di un componente negativo (dichiarato in un anno) e l’insorgenza di un componente positivo (nell’anno della dichiarazione), la possibilità di modificare le poste contabili (Cass. n. 19219/2017).

Ad avviso della Cassazione, nel caso di specie, l’immodificazione dell’importo delle fatture da ricevere non costituiva affatto un riscontro certo del sopraggiunto venir meno del debito. Mancava cioè il presupposto stesso della sopravvenienza attiva, quale, ad esempio, la cancellazione del debito, a qualunque titolo.

Più in particolare, secondo i giudici di legittimità, un debito iscritto nel 2006 secondo le regole dettate dall’art. 109 comma 1 del TUIR, ancorché non ancora pagato, in assenza di un evento obiettivo di cancellazione della posta passiva, non poteva imputarsi al 2007 quale sopravvenienza attiva.
Se, poi, il debito rilevato nel 2006 fosse stato una passività fittizia, l’accertamento, previa verifica della fittizia iscrizione, avrebbe dovuto essere indirizzato a quell’esercizio (nel caso di specie, al 2006) e non a quello successivo a titolo di sopravvenienza attiva.

La Suprema Corte ha, quindi, cassato la sentenza della C.T. Reg., affermando il principio di diritto in base al quale l’iscrizione di un debito tra le passività nell’esercizio di competenza, secondo le regole dettate dall’art. 109 comma 1 del TUIR, qualora risulti non ancora assolto in un successivo esercizio, emergendo ad esempio da uno dei registri tenuti ai sensi dell’art. 25 del DPR n. 633/72, non comporta l’automatico riconoscimento e l’imputazione di una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88 comma 1 del TUIR, per la quale è invece necessario il sopraggiungere di un evento, in un esercizio successivo a quello di imputazione della passività, che, estinguendo con certezza il costo o il debito registrato nell’esercizio precedente, configuri una posta attiva sopravvenuta.

Peraltro, la rilevazione in bilancio di una posta passiva fittizia non comporta l’iscrizione di una sopravvenienza attiva nell’esercizio in cui la fittizietà è dichiarata o accertata, dovendosi al contrario imputare la rettifica sempre all’esercizio in cui l’iscrizione della componente negativa è avvenuta per falsità.