Se l’Agenzia delle Entrate ha perso nei precedenti gradi di giudizio, stralcio del 95% delle imposte oltre a sanzioni e interessi

Di ALFIO CISSELLO

Scade il 16 gennaio il termine di presentazione della domanda per fruire della definizione delle liti pendenti in Cassazione al 16 settembre 2022 disciplinata dall’art. 5 della L. 130/2022.
Entro il medesimo termine occorre pagare le intere somme dovute senza possibilità di compensazione né di pagamento rateale.
Ove, per effetto della riscossione frazionata, non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona presentando la sola domanda di definizione.
Bisogna presentare una distinta domanda per atto impugnato essendo irrilevante che i ricorsi siano stati riuniti.
Il modello, approvato con provv. Agenzia delle Entrate 16 settembre 2022 n. 356446, va trasmesso alla PEC della Direzione provinciale parte del processo e i pagamenti vanno eseguiti utilizzando i codici tributo istituiti dalla ris. Agenzia delle Entrate 23 settembre 2022 n. 50.

A differenza di altre definizioni, come ad esempio quella dell’art. 1 comma 186 e ss. della L. 197/2022, non c’è un rinvio all’art. 8 del DLgs. 218/97 (e in via indiretta al regime dei lievi inadempimenti dell’art. 15-ter del DPR 602/73), dunque il tardivo o insufficiente pagamento, anche molto esiguo, può compromettere la definizione.
Ove, come spesso può accadere, emergano criticità per la determinazione delle somme da pagare, è bene adottare un approccio prudente, contattando se possibile la Direzione provinciale. È stato infatti sostenuto che non si può applicare analogicamente l’art. 16 comma 8 della L. 289/2002 in tema di errore scusabile (Cass. 14 ottobre 2021 n. 27952).

Gli effetti di tale definizione non sono trascurabili:
– per le liti del valore fino a 100.000 euro per le quali l’Agenzia delle Entrate è risultata interamente soccombente nei precedenti gradi di giudizio, si paga solo il 5% del valore della lite (stralcio del 95% delle imposte, delle sanzioni e degli interessi);
– per le liti del valore fino a 50.000 euro per le quali l’Agenzia delle Entrate è risultata in parte soccombente nei gradi di merito, si paga il 20% del valore della lite (stralcio dell’80% delle imposte, delle sanzioni e degli interessi).

C’è quindi un doppio limite, derivante dal valore della lite e dalla necessità che l’Erario sia stato, anche solo in parte, soccombente.
L’art. 5 della L. 130/2022 è alternativo rispetto alla definizione delle liti introdotta dall’art. 1 comma 186 e ss. della L. 197/2022.
Questa forma di definizione riguarda i processi pendenti in qualsiasi grado al 1° gennaio 2023 e non ha limiti di valore. La struttura è molto simile all’art. 6 del DL 119/2018.
Ove il processo penda in Cassazione al 1° gennaio 2023 e l’Erario sia sempre stato soccombente, si ha lo stralcio del 95% delle imposte senza limiti di valore, quindi la L. 197/2022 è più vantaggiosa rispetto all’art. 5 della L. 130/2022 non prevedendo come appena detto limiti di valore.

Bisogna ponderare attentamente ciascuna situazione.
Ad esempio, se il valore della lite non supera i 50.000 euro e l’Agenzia delle Entrate ha perso solo in primo grado con sentenza ribaltata in appello, se la lite pendeva in Cassazione al 16 settembre 2022 si ha lo stralcio dell’80% delle imposte, a fronte dello stralcio di soli sanzioni e interessi se si opta per la L. 197/2022.
Occorre infatti prendere come riferimento, per quest’ultima definizione, le sentenze depositate al 1° gennaio 2023 (se il contribuente ha vinto in primo grado c’è lo stralcio del 60% delle imposte, se ha vinto in secondo grado dell’85%, se ha perso bisogna pagare tutte le imposte, mentre se il ricorso è stato depositato e non c’è ancora la sentenza c’è lo sconto del 10% delle imposte).

Se il valore della lite fosse superiore a 50.000 euro, non resterebbe che definire ai sensi della L. 197/2022, con domanda da presentare entro il 30 giugno 2023 e possibilità di pagamento in 20 rate trimestrali senza compensazione.
In entrambe le definizioni, bisogna considerare che le parti di atto sulle quali si è formato il giudicato interno non concorrono a formare il valore della lite, dunque non vanno considerate.
I relativi importi, a seconda dei casi, sono spettanti o da restituire.