Non riconosciuta, invece, la legittimazione a far valere il danno direttamente causato alla società partecipata dall’abuso di direzione e coordinamento

Di MAURIZIO MEOLI

L’art. 2497 comma 1 c.c. stabilisce che le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei princìpi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società.

Focalizzando l’attenzione sui soci, emerge come essi siano legittimati ad agire per ottenere il risarcimento di un danno – alla redditività ed al valore della propria partecipazione sociale – che rappresenta il “riflesso” del danno subìto dalla società “abusata” (cfr. App. Milano n. 1849/2020, nonché Trib. Milano n. 2575/2016 e Trib. Milano 20 dicembre 2013, in cui si evidenzia come sia dirimente, al riguardo, l’art. 2497 comma 3 c.c., nella parte in cui – prevedendo la possibilità che sia la stessa società eterogestita a risarcire i suoi soci e i creditori del danno che indirettamente hanno subìto per effetto dell’esercizio dell’attività dell’ente dirigente, legittima la stessa società eterogestita a rivolgersi all’ente dirigente per ottenere il risarcimento del danno – che altrimenti subirebbe due volte).

Si tratta di una tutela ulteriore rispetto a quella riconosciuta loro in relazione alla società partecipata, dove, in base agli artt. 2395 e 2476 comma 7 c.c., essi hanno il solo diritto al risarcimento di eventuali danni che gli siano stati “direttamente” procurati da atti colposi o dolosi degli amministratori. In tali casi il singolo socio che abbia subìto un danno che sia solo il “riflesso” del danno subìto dal patrimonio della società, non può promuovere azione individuale volta a reintegrare il proprio patrimonio personale a detrimento di quello sociale, potendo solo, eventualmente, attivarsi ai fini dell’esercizio di un’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (della società cui partecipa) con beneficio per tutti i soci.

Questa situazione ha destato perplessità in una parte della dottrina, prospettandosi una disparità di trattamento tra società, a seconda della appartenenza o meno ad un gruppo. Disparità che, tuttavia, sarebbe giustificata dalla posizione del socio di minoranza che, non essendo socio (anche) della holding, non avrebbe assunto alcun rischio per comportamenti di soggetti diversi dagli amministratori che può contribuire a eleggere o revocare, né potrebbe influire sulla gestione della controllante.

È opportuno, allora, che i soci di società controllate che volessero agire nei confronti della controllante tengano in adeguata considerazione tali indicazioni, onde evitare che la propria richiesta venga dichiarata inammissibile.
Come precisato dalla sentenza n. 1372/2022 del Tribunale di Milano, infatti, è da escludere la legittimazione dei soci di una società eterodiretta ad agire nei confronti della controllante per il risarcimento dei danni subìti dalla eterodiretta a causa dell’illecito esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, spettando tale legittimazione alla “sola” società controllata.

La fattispecie di cui all’art. 2497 comma 1 c.c., infatti, come evidenziato, conferisce ai soci della società eterodiretta ed abusata un’azione di risarcimento dei danni che sono un mero “riflesso” di quelli subìti dalla società eterodiretta, perché, in assenza di tale previsione, non sarebbero normativamente risarcibili.

A fronte di ciò, osserva il Tribunale di Milano, in relazione alla responsabilità da abusiva attività di direzione e coordinamento, si è riconosciuta una estensione della legittimazione sia passiva che attiva. Dal lato passivo, essa è stata estesa agli amministratori delle società dominante e dominata. Da quello attivo, invece, è stata riconosciuta alla società dominata, ritenendola a sua volta titolata ad agire direttamente nei confronti della società esercitante la direzione abusiva (e dei suoi amministratori) per la lesione cagionata all’integrità del proprio patrimonio.

I soci della società eterodiretta sono, allora, da ritenere sprovvisti del potere di agire nei confronti della società esercitante abusivamente l’attività di direzione e coordinamento per il risarcimento dei danni direttamente patiti dalla società “abusata” ed in relazione ai quali è quest’ultima che deve attivarsi.

Semmai, conclude il Tribunale di Milano, sussiste, nel caso di srl, la diversa azione prevista dall’art. 2476 commi 3 e 8 c.c., che consente al socio di domandare, in via di sostituzione straordinaria, il risarcimento dei danni che la mala gestio degli amministratori (e dei soci intenzionalmente compartecipi) abbiano arrecato alla società.
Si segnala, infine, come le azioni nei confronti della controllante da parte della controllata e da parte dei soci di questa siano da configurare come autonome; ragion per cui l’eventuale rinuncia alla prima non produce effetti sulla seconda.