Per la Cassazione è necessario l’accertamento in concreto, onde evitare forme di responsabilità oggettiva o «di posizione»

Di MARIA FRANCESCA ARTUSI

La giurisprudenza di legittimità si va attestando su interpretazioni più garantiste volte a escludere ogni forma di responsabilità che potrebbe dirsi “oggettiva” o “da posizione”.

Ciò vale in particolar modo nei casi di successione nella carica di amministratore, come nel procedimento affrontato dalla sentenza n. 33548 della Cassazione, depositata lo scorso 13 settembre.
Un soggetto aveva assunto la carica di amministratore delegato e la qualifica di datore di lavoro in una società che si occupava della lavorazione di materie plastiche. Sei mesi dopo, si verificava un grave infortunio a danno di un operario, dipendente di altra società, ma in servizio presso la società dell’imputato, e veniva conseguentemente contestato il reato di lesioni colpose aggravate.

La difesa, in proposito, rilevava che costui si era correttamente attivato, dopo la nomina, per farsi carico della gestione delle complesse tematiche HSE, riguardanti lo stabilimento produttivo di rilevanti dimensioni, e per acquisire le conoscenze della situazione attuale e per valutare i necessari miglioramenti. Nei sei mesi intercorsi tra l’assunzione della carica e l’infortunio egli non aveva, tuttavia, potuto esplorare l’adeguatezza dell’organizzazione della sicurezza e dell’analisi del rischio di cui al DVR ereditato dal predecessore. In particolare, il nuovo amministratore era in attesa degli esiti di una generale attività di revisione e implementazione della valutazione del rischio affidata a una impresa terza specializzata.

La Corte di Cassazione si sofferma pertanto sui profili dell’elemento soggettivo colposo.
In linea generale viene ricordato che la colpa ha un versante oggettivo, incentrato sulla condotta posta in essere in violazione di una norma cautelare, e un versante di natura soggettiva, connesso alla possibilità dell’agente di osservare la regola cautelare. Il rimprovero colposo riguarda infatti la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l’osservanza delle norme cautelari violate (Cass. SS.UU. n. 38343/2014).
Si tratta di un profilo della responsabilità colposa recentemente approfondito dalla giurisprudenza nel tentativo di personalizzare (art. 27 Cost.) il rimprovero dell’agente attraverso l’introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell’oggettiva violazione di norme cautelari ma anche della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali e la situazione di fatto in cui ha operato.

Ciò premesso, l’assunzione di una determinata carica, che comporti l’acquisizione di una posizione di garanzia, implica l’accertamento della sussistenza della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola violata, valutando la situazione di fatto in cui ha operato.

In particolare, occorre stabilire tempi e modi di apprensione delle informazioni connesse al ruolo svolto in ordine al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto, circostanza indispensabile per fondare uno specifico rimprovero per un atteggiamento antidoveroso della volontà.
Diversamente opinando, infatti, si porrebbe in capo al datore di lavoro un’inaccettabile responsabilità penale “di posizione”, tale da sconfinare in responsabilità oggettiva, in luogo di una invece fondata sull’esigibilità del comportamento dovuto.

Nella fattispecie in esame, il nuovo amministratore assumeva la posizione di garanzia alla data di nomina. Nelle società di capitali, infatti, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia.

Nel giudizio di merito è, invece, mancata un controllo finalizzato a verificare le ragioni del mancato avvio di iniziative in tema di sicurezza del lavoro e se, nel lasso temporale intercorrente tra la data di investitura quale legale rappresentante e quella del sinistro, alla luce delle dimensioni della società e della tipologia di attività espletata, egli poteva ragionevolmente mettersi in condizione di conoscere ogni eventuale problema connesso al lavoro dei dipendenti, operare gli approfondimenti tecnici necessari, anche attraverso deleghe a persone esperte ed effettuare una corretta valutazione dei rischi.
In particolare, sebbene sia generalmente auspicabile, in un ambito di normali rapporti tra amministratori che si succedono tra loro, che prima della designazione il subentrante venga preventivamente informato della situazione della società in relazione a tutti i risvolti, tra cui quello della sicurezza sul lavoro, non è detto che ciò sia realmente avvenuto.

Occorre anche stabilire i tempi per provvedere alle verifiche dello stato dei luoghi, per comunicare coi precedenti addetti, per predisporre gli appositi interventi tecnici qualora necessari.