Nessuna conseguenza, però, se i decrementi sono controbilanciati da incrementi di pari ammontare

Di Gianluca ODETTO

Mentre il mondo professionale è alle prese con i non semplici adempimenti dichiarativi riferiti alla “super ACE”, inizia a porsi il tema delle operazioni che, potenzialmente, potrebbero determinare il recupero dell’agevolazione fruita.
La questione nasce dalla formulazione dell’art. 19 commi 4 e 5 del DL 73/2021, il quale prevede appositi meccanismi di recapture dell’agevolazione finalizzati al ricalcolo della stessa e al riversamento, in tutto o in parte, del beneficio.

L’esigenza del legislatore si è originata da quella di evitare la concessione di un’agevolazione fiscale a fronte di immissioni solo temporanee di denaro. Questi meccanismi di ricalcolo, per come è scritta la norma, opererebbero in modo automatico, senza che sia necessaria una indagine in merito a supposte manovre elusive dell’impresa interessata; dal che parrebbe, inoltre, preclusa la possibilità di presentare istanze di disapplicazione, anche se il tema non è mai stato oggetto di indicazioni specifiche né dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate, né naturalmente dalla giurisprudenza.

Quanto all’ambito temporale dei meccanismi di recupero, come rilevato dalla Relazione al DL 73/2021 essi operano nel momento in cui vi siano riduzioni del Patrimonio netto nei due periodi successivi al 2021 e, quindi, sempre ragionando in termini di soggetti “solari”, nel 2022 e/o nel 2023.

La norma opera, come evidenziato dalla stessa Relazione, solo a seguito di riduzione del Patrimonio netto per cause diverse dalle perdite di bilancio (di fatto, a seguito di distribuzioni di riserve ai soci). Ciò nonostante, le modalità pratiche con cui essa è applicata non sono mai state messe pienamente a fuoco.

In primo luogo, si dovrebbe ritenere che questo meccanismo di recupero operi non solo nel momento in cui sono distribuite riserve che hanno beneficiato della “super ACE” (è tale, tipicamente, l’utile del 2020 accantonato a riserva, ma poi distribuito come dividendo straordinario a seguito di una delibera ad hoc assunta nel 2022), ma anche all’atto della distribuzione di riserve pregresse, le quali decrementano comunque la dotazione patrimoniale dell’impresa.
Concentrando l’attenzione proprio sul 2022, la società dovrebbe in ogni caso evitare le conseguenze negative della disposizione in virtù di nuovi conferimenti e accantonamenti effettuati nel corso dell’anno.

L’obbligo di riversamento dei benefici fiscali, in altre parole, dovrebbe venir meno se, nel 2022, sono distribuite riserve ai soci, ma tali riduzioni sono controbilanciate da nuove variazioni in aumento (per accantonamento di utili a riserva e/o conferimenti in denaro) di ammontare almeno uguale.

Depongono a favore di tale conclusione da una parte il fatto che la norma di riferimento è strutturata per masse, ma soprattutto il fatto che la ratio della disciplina del recapture è quella di obbligare l’impresa a mantenere un livello di patrimonializzazione almeno pari a quello che ha determinato il beneficio “maggiorato” al 15%, cosa che effettivamente avviene se le riduzioni sono controbilanciate da aumenti di ammontare almeno corrispondente.

In numeri, se ad esempio il beneficio “super ACE” fruito (come credito d’imposta o in dichiarazione) per il 2021 è stato determinato dall’accantonamento a riserva dell’utile del 2020, per ipotesi pari a 500.000 euro, la sua distribuzione in qualità di dividendo straordinario nel corso del 2022 non determina necessariamente il venir meno del beneficio. È, al contrario, sufficiente che la società stessa abbia accantonato a riserva nel 2022 l’utile del 2021, pari per ipotesi a 600.000 euro, perché la norma sul recapture sia automaticamente disattivata.

La questione dovrà, ad ogni modo, essere oggetto di attenzioni particolari da qui al termine del 2022, in quanto alla fine dell’anno cesserà di avere efficacia il regime transitorio dei dividendi introdotto dall’art. 1 comma 1006 della L. 205/2017, per cui è realistico che in più contesti, in special modo a ristretta base, si pongano in essere distribuzioni straordinarie.

Il regime transitorio in questione riguarda le delibere di distribuzione assunte sino al 31 dicembre 2022, e non i dividendi materialmente distribuiti entro tale data. Va però ricordato che, come rilevato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 12/2014 (§ 2), la previsione dell’art. 1 comma 6 del DL 201/2011 sull’ACE per cui i decrementi patrimoniali rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati va interpretata nel senso per cui essi retroagiscono all’inizio del periodo d’imposta in cui è stata deliberata l’attribuzione delle riserve di utili ai soci, e non all’inizio del periodo d’imposta in cui tali utili sono materialmente distribuiti: la scelta di deliberare solamente la distribuzione straordinaria alla fine del 2022, lasciando poi aperto il debito verso i soci, oltre a trascurare che la disposizione sul recapture opera anche sul 2023, condurrebbe quindi ad una rettifica del beneficio fruito già sul 2022 (anno della delibera). Ciò, come sopra riferito, fatti salvi incrementi del 2022 che vadano a controbilanciare l’importo della distribuzione straordinaria.